Tsai Ing-wen: Sì al dialogo con Pechino, no al principio ‘un Paese, due sistemi’

La presidente taiwanese ha inaugurato oggi il suo secondo mandato. Taipei cerca di accrescere il proprio status internazionale. L’isola è stata esclusa per il 4° anno consecutivo dall’Oms. Gli emendamenti alla Costituzione proposti da Tsai rischiano di inasprire le tensioni con il Partito comunista cinese.


Taipei (AsiaNews) – Tsai Ing-wen è pronta al dialogo con la Cina, ma non sulla base del principio “un Paese, due sistemi”, che i leader cinesi invocano per realizzare l’unificazione tra la madrepatria e l’isola. È quanto ha dichiarato oggi la presidente taiwanese nel discorso che ha inaugurato il suo secondo mandato.

Tsai, leader del Partito democratico progressista, è vista come una filo-indipendentista dal governo di Pechino. Per il Partito comunista cinese, Taiwan è una provincia ribelle, da riconquistare con la forza se necessario. La leader taiwanese non ha mai riconosciuto il principio dell’unica Cina. Il suo predecessore Ma Ying-jeou, espressione del Kuomintang, era favorevole a una maggiore integrazione tra le due sponde dello Stretto di Taiwan.

Tsai punta ad accrescere lo status internazionale dell’isola. Un centinaio di alti dignitari stranieri, compreso il segretario di Stato Usa Mike Pompeo, si sono congratulati oggi con lei. Gli Stati che intrattengono rapporti diplomatici ufficiali con Taipei hanno inviato degli appositi video augurali, tranne il Vaticano. Alla cerimonia d'inaugurazione era presente però mons. Arnaldo Catalan, incaricato d'affari della nunziatura apostolica a Taiwan.

Dal 2016, quando Tsai ha cominciato il suo primo mandato, Pechino ha “sottratto” sette alleati diplomatici all’isola, che al momento ha relazioni formali con solo 15 nazioni. Ieri, per il quarto anno consecutivo, il governo cinese ha bloccato il possibile ingresso di Taipei nell’Assemblea dell’Organizzazione mondiale della sanità. Washington, insieme ad Australia, Giappone e molti Paesi europei, ha appoggiato la richiesta taiwanese.

La presidente taiwanese ha proposto anche la creazione di una commissione parlamentare chiamata a discutere alcune modifiche costituzionali. Esse riguardano il sistema di governo e aspetti legati ai diritti della cittadinanza, come l’abbassamento dell’età per votare da 20 a 18 anni (misura che gode di un sostegno trasversale nel Parlamento).

Una coalizione di 14 forze civiche, citata dalla Central News Agency, ha chiesto a Tsai di fare di più. Per queste formazioni indipendentiste, tale commissione “costituente” dovrebbe discutere una nuova Costituzione, priva di ogni riferimento “all’unificazione nazionale” e al “territorio della madrepatria cinese”.

I taiwanesi si sentono sempre meno legati alla Cina. Secondo un sondaggio pubblicato il 12 maggio dal Pew Research Center, un istituto demoscopico statunitense, il 66% degli abitanti di Taiwan si considera taiwanese, il 28% sia taiwanese, sia cinese, solo il 4% si riconosce cinese.

Per diversi osservatori, il dibattito costituzionale aperto da Tsai alimenterà ancor di più le tensioni con la Cina, dato che potrebbe portare a modifiche dello status territoriale e nazionale dell’isola, che attualmente gode di una indipendenza di fatto.