Dhaka: l’omicidio di uno studente frutto del ‘silenzio della cultura’
di Sumon Corraya

Abrar Fahad Rabbi aveva 21 anni. Era un alunno della Bangladesh University of Engineering and Technology. È stato ucciso dall’ala giovanile del partito di governo Awami League per un commento su Facebook in cui criticava le autorità di Dhaka.


Dhaka (AsiaNews) – L’omicidio di uno studente in Bangladesh è il risultato del “silenzio della cultura”. Lo dice ad AsiaNews p. Liton Hubart Gomes, segretario della Commissione Giustizia e pace dell’arcidiocesi di Dhaka, commentato l’uccisione di Abrar Fahad Rabbi, alunno della Bangladesh University of Engineering and Technology (Buet). Il suo omicidio ha portato ad una protesta che dura da quattro giorni.

Il 7 ottobre scorso Abrar, 21 anni e originario del villaggio di Kushtia, è stato ucciso da alcuni membri della Bangladesh Chhatra League, ala giovanile del partito di governo Awami League. Egli è stato torturato per diverse ore per aver scritto un commento su Facebook in cui criticava il governo di Dhaka. Secondo lui, le autorità bengalesi non avrebbero dovuto consentire all’India di prelevare l’acqua dal fiume Feni, né consentire l’accesso al porto marittimo di Mongla, e neppure firmare accordi per la fornitura di gas.

Gli studenti sono scesi in piazza per manifestare contro l’assassinio e hanno stilato una dichiarazione in 10 punti in cui chiedono – tra le altre cose – pene severe per i killer, il controllo dei filmati della video sorveglianza e il bando della politica dal campus dell’università.

P. Gomes denuncia che “in Bangladesh la persecuzione degli studenti avviene in quasi tutte le università. Gli studenti perseguitano altri studenti. Di sicuro le autorità della Buet ne erano al corrente, ma non hanno adottato nessuna azione disciplinare”. Il sacerdote evidenzia che i “giovani trascorrono nelle aule scolastiche almeno 10 anni. Per questo le scuole dovrebbero offrire corsi sulla moralità. I ragazzi dovrebbero crescere come esseri umani, invece stanno crescendo come mostri”.

Ashanta Costa, 55 anni, è la madre di un giovane che studia all’università di Dhaka. “Sono preoccupata per la vita di mio figlio – afferma – e non mi fido a lasciarlo da solo per tanto tempo”. Pertanto chiede che “i colpevoli vengano puniti”.

Ieri anche la premier Sheikh Hasina, leader dell’Awami League, ha condannato l’omicidio da parte degli attivisti del suo partito. “Picchiare un uomo fino a farlo morire – ha detto – è disumano. Posso immaginare il dolore di quei genitori. Non mi interessa l’identità politica di chi compie un crimine. Un criminale è un criminale e come tale tratteremo [i colpevoli]”.