Kashmir, riaprono le scuole, ma gli alunni restano a casa

La ripresa delle lezioni è contestata dai genitori che non vogliono mettere a repentaglio la vita dei figli. Dopo la revoca dello status speciale di semi-autonomia, lo Stato indiano è militarizzato. Internet e trasporti sospesi: negozi chiusi e produzione commerciale bloccata.


New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – La vita dei bambini è più importante dei libri, e per questo le aule rimangono vuote: è il motivo che ha spinto centinaia di genitori del Jammu e Kashmir a non mandare i propri figli a scuola dopo la riapertura degli istituti scolastici. Ieri le autorità dell’Unione hanno stabilito la ripresa delle lezioni nelle oltre 190 scuole dello Stato, chiuse da due settimane a causa della guerriglia scoppiata per la decisione di Delhi di revocare lo status semi-autonomo del territorio. I genitori hanno preferito lasciare i bambini a casa per il timore di nuove violenze. Gulzar Ahmad, padre di due bambini, afferma: “Come potremmo rischiare la vita dei nostri figli? Nelle ultime due settimane i soldati hanno arrestato dei minorenni e diversi bambini sono rimasti feriti negli scontri. I nostri figli sono al sicuro a casa”.

Tariq Aziz, con un figlio iscritto in una scuola privata di Srinagar, sostiene che la scelta di non accompagnare i figli a scuola è una forma di protesta da parte dei genitori. “Voglio che mio figlio sappia – sostiene – che l’India sta tentando di requisire la nostra terra. Il nostro futuro è a rischio in Kashmir. Voglio che diventi consapevole del fatto che deve lottare per questo in futuro”.

Intanto rimane alta la tensione nella Valle del Kashmir, contesa da India e Pakistan fin dalla partizione del 1947. Le strade sono pattugliate dai soldati e restano sospesi i servizi di telefonia e i trasporti pubblici. Anche la maggior parte dei negozi sono chiusi e le attività commerciali hanno bloccato la produzione.

Gli scontri si susseguono dal 5 agosto scorso, dopo che il governo guidato dal Bharatiya Janata Party (Bjp, partito nazionalista indù) ha imposto la revoca dell’art. 370 della Costituzione indiana. La norma garantiva uno status speciale allo Stato del Jammu e Kashmir a maggioranza musulmana, consentendo l’approvazione di leggi separate, una bandiera differente dal resto dell’Unione e una Costituzione autonoma; altri ambiti, come difesa, affari esteri e comunicazioni, rimanevano invece ad appannaggio del governo centrale. L’art. 35A (corollario del 370) accordava altri privilegi speciali ai residenti, garantendo diritti esclusivi sui terreni.

Secondo Delhi, che aveva inserito l’abolizione dello status speciale nel manifesto elettorale di quest’anno, l’art. 370 era il principale ostacolo alla piena integrazione della popolazione musulmana. Per i critici del premier Narendra Modi, la decisione intende invece modificare la composizione demografica del territorio, con una popolazione a maggioranza islamica (mentre il resto del Paese è a maggioranza indù). Per i residenti, la mossa politica ha l’unico obiettivo di espropriare i loro terreni, consentendone l’acquisto ad altri cittadini.

Al momento lo Stato, diviso in due entità territoriali amministrate dall’Unione, si presenta come un territorio militarizzato: ai 500mila soldati che presidiano il confine con il Pakistan se ne sono aggiunti altri 120mila. Fonti governative riportano che circa 4mila persone sono state arrestate in base alla Legge di pubblica sicurezza (Public Safety Act, Psa) che consente la detenzione fino a due anni anche in assenza di pubblica accusa o processo. Tuttavia le autorità non confermano questi numeri.