Vescovo indiano: I cristiani in tutto il mondo preghino per il Kashmir
di Joseph D’Souza

Le tensioni al confine tra India e Pakistan sono riprese con la decisione di Delhi di cancellare l’autonomia per la Valle, a maggioranza musulmana. Oggi la riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Mons. Joseph D’Souza: “L’ultima cosa di cui la regione ha bisogno è un’altra guerra”.


New Delhi (AsiaNews) – “I cristiani in tutto il mondo dovrebbero pregare per il Kashmir”: così chiede mons. Joseph D’Souza, leader cristiano protestante, vescovo primate della Good Shepherd Church of India, in una lettera-appello che pubblichiamo. Egli è tra i pochi esponenti della Chiesa indiana a intervenire sulle tensioni in Kashmir, scaturite il 5 agosto scorso dalla decisione del governo di Delhi di revocare l’art. 370 della Costituzione che garantisce una semi-autonomia allo Stato del Jammu e Kashmir, su cui da oltre 70 anni anche il Pakistan reclama sovranità territoriale. I cristiani, afferma il reverendo, “dovrebbero pregare Gesù, Principe della pace, affinchè la pace regni sui nostri Paesi”.

L’art. 370 (approvato nel 1949) garantiva uno status speciale allo Stato indiano a maggioranza musulmana, consentendo l’approvazione di leggi separate, una bandiera differente dal resto dell’Unione e una Costituzione autonoma; altri ambiti, come difesa, affari esteri e comunicazioni, rimangono invece ad appannaggio del governo centrale. L’art. 35A (corollario del 370) accordava altri privilegi speciali ai residenti, garantendo diritti esclusivi sui terreni.

Secondo Delhi, che aveva inserito l’abolizione dello status speciale nel manifesto elettorale di quest’anno, l’art. 370 non ha mai consentito la piena integrazione della popolazione musulmana della regione. Per i critici del premier Narendra Modi, la decisione intende modificare la composizione demografica del territorio. Per i residenti, la mossa politica ha l’unico obiettivo di espropriare i loro terreni, consentendone l’acquisto ad altri cittadini. Per il rev. D’Souza, “la decisione ha inasprito le relazioni già tese tra India e Pakistan, e spinto il primo ministro pakistano a minacciare di portare la questione a livello globale”.

Intanto oggi, per la prima volta dal 1965, si riunisce il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite proprio sul tema del Kashmir. La convocazione dell’assemblea è su richiesta del governo di Islamabad ed è appoggiata dalla Cina, con cui il premier Imran Khan ha enormi interessi commerciali per le infrastrutture della Nuova Via della seta. Riportiamo di seguito l’appello di mons. D’Souza (traduzione a cura di AsiaNews).

I cristiani in tutto il mondo dovrebbero pregare per il Kashmir, mentre nella regione le tensioni si sono impennate dal 5 agosto, quando l’India ha rimosso lo “status speciale” di lunga data, portando le aree del Kashmir indiano sotto diretto controllo del governo centrale.

La decisione ha inasprito le relazioni già tese tra India e Pakistan, e spinto il primo ministro pakistano a minacciare di portare la questione a livello globale. Egli ha innalzato in modo allarmante la situazione, affermando che “il Pakistan valuterà tutte le opzioni”.

Chiedo agli indiani, ai pakistani e a tutti i cristiani un piccolo compito che trascende la complessità della questione e le rivalità che esistono da diverso tempo tra i nostri due Paesi a causa di essa. I cristiani dovrebbero pregare Gesù – il “Principe della pace” – affinchè la pace regni sui nostri Paesi e nella nostra regione, secondo quanto afferma Geremia (29:7): “Dio chiama ognuno di noi a ‘cercare pace e prosperità’ per i nostri Paesi”. Il profeta continua: “Pregate il Signore per essa; poiché dal bene di questa dipende il vostro bene”.

Io vi invito a farlo con intensità. Da quanto nel 1947 è avvenuta la partizione del subcontinente indiano [e l’indipendenza dall’impero britannico], India e Pakistan hanno combattuto tre guerre per la regione del Kashmir. Centinaia di migliaia di civili e militari sono morti da ambo i lati della frontiera durante i conflitti armati e gli episodi di violenza tra le comunità. L’ultima cosa di cui la regione ha bisogno è un’altra guerra, soprattutto dato che entrambe le nazioni possiedono armi nucleari.

Negli ultimi anni tutto questo è stato complicato dal terrorismo transfrontaliero. Persino il primo ministro del Pakistan ha ammesso di recente che circa 30mila-40mila terroristi operano in territorio pakistano.

In generale, in poco più di 25 anni oltre 45mila persone in Jammu e Kashmir sono morte in scontri militanti transfrontalieri tra i Paesi e per attacchi terroristici originati in Pakistan. Quando l’India cita questioni di sicurezza nazionale per le sue decisioni sul Kashmir, non lo fa senza motivo.

Tuttavia, lo status quo in Kashmir è insostenibile da molto tempo, e forse per qualche azione della Divina Provvidenza questa interruzione potrebbe tradursi in una soluzione [fattibile], se il governo indiano e il popolo indiano dovessero accogliere gli abitanti del Kashmir come concittadini dell’India. Ad ogni modo, ciò richiederebbe un miracolo divino, miracolo del tutto improbabile se il popolo di Dio non prega.

E mentre essi pregano per una risoluzione pacifica e permanente di questo conflitto difficile da gestire, dovrebbero tenere a mente che la questione della sicurezza rimane tesa poiché il coprifuoco è ancora in vigore, sono sorte nuove richieste per il diritto di cittadinanza di alcune persone che vivono in Kashmir e su come la leadership nazionale e la magistratura possono accordarsi e lavorare con le implicazioni della decisione presa dal governo. Inoltre essi devono pregare per i cristiani, gli indù, i musulmani e tutti coloro per i quali la libertà religiosa si trova coinvolta in questi conflitti politici. In sostanza, i cristiani devono pregare che nessuno si prenda la licenza di odio sotto qualsiasi forma, riconoscendo sempre l’intrinseca dignità di ogni essere umano e la sua libertà di coscienza data da Dio.

Come leader cristiano, e a nome dell’All-India Christian Council, sono grato per la generosità e la gentilezza mostrata dai nostri amici cristiani in tutto il mondo, che affidano la nostra forte – ma anche delicata – regione, nelle mani di Dio Onnipotente.

Come invocato dall’apostolo Paolo, spero possiamo avere il privilegio di “condurre una vita pacifica e serena, devota e dignitosa in ogni aspetto”.