Corte suprema indiana: le musulmane hanno diritto di pregare in moschea

I giudici hanno accolto una petizione presentata da una coppia islamica. Il Corano non parla di separazione tra maschi e femmine nei luoghi di culto. A volte le fedeli hanno accesso ad una sala da un’entrata secondaria; nella maggior parte dei casi pregano in casa.


New Delhi (AsiaNews) – La Corte suprema indiana ha ammesso una petizione che chiede di riconoscere il diritto delle donne musulmane di pregare nelle moschee di tutto il Paese. La richiesta è stata presentata da una coppia islamica, la signora Yasmeen Peerzade e suo marito Zuber Peerzade. Ad AsiaNews Zakia Soman, cofondatrice dell’associazione femminile Bharatiya Muslim Mahila Andolan (Bmma), dichiara: “È una bella notizia. La coppia ha chiesto alla Corte di riconoscere il diritto delle donne di entrare in moschea. Questo è valido per le norme religiose e risponde al principio di uguaglianza. Sono a favore di entrambe le cose”.

Ora la parola – come stabilito dalla Corte – passa al governo centrale, all’All India Muslim Personal Law Board (l’organizzazione sul diritto personale islamico) e il Central Wakf Council (che si occupa delle proprietà mobili e immobili islamiche). Nei mesi scorsi i giudici sono intervenuti anche a favore dell’ingresso delle donne nei templi indù.

I coniugi indiani si sono appellati al massimo organo giudiziario del Paese per abolire la pratica centenaria che impedisce alle fedeli musulmane di accedere ai luoghi di culto del loro credo. I richiedenti sottolineano che “il Corano non fa differenze tra uomo e donna. Parla solo di fede. L’islam però è diventato una religione che opprime le donne”.

In effetti il testo sacro dell’islam non contiene alcuna indicazione sul divieto d’ingresso per le femmine e sulla separazione degli spazi all’interno delle moschee. Eppure nei secoli si è consolidata la pratica che permette alle donne di accedere ad una galleria da un ingresso secondario. Tra l’altro il permesso è valido solo in alcuni luoghi di preghiera, mentre la maggior parte delle fedeli prega in casa. Con gli anni infatti si è anche consolidata la tendenza a considerare le donne impure durante l’età fertile, e quindi prive delle condizioni necessarie per accedere alla preghiera.

Nello specifico in India l’ingresso alle donne è consentito solo nelle moschee dell’organizzazione Jamaat-e-Islami e con la denominazione Mujahid, mentre è proibito in quelle della fazione sunnita. La signora Zakia protesta: “Chi lo ha deciso? Tutti i luoghi di culto devono essere aperti alle donne senza fare discriminazioni”. Per l’attivista, è positivo “che la richiesta d’uguaglianza provenga da cittadini comuni della comunità [islamica]. I leader religiosi conservatori e con mentalità patriarcale devono aprire gli occhi e vedere il bisogno di cambiamento. Devono riconoscere i principi d’uguaglianza di genere affermati dalla Costituzione. Non possono continuare a escludere le donne dai luoghi pubblici”.