Mons. Dabre: Il Vangelo della gioia. Le sfide della missione in India
di Mons. Thomas Dabre*

Proclamare che Gesù è l’unico salvatore, ma anche rispettare e apprezzare le altre religioni. Correggere e purificare le culture, ma con “prudenza e molta cura”, senza usare ““metodi arroganti e aggressivi”. Valorizzare le piccole comunità ecclesiali di base per maturare nella fede e nella vita. L’intervento programmatico del vescovo di Poona alla Plenaria della Conferenza dei vescovi indiani di rito latino.


Chennai (AsiaNews) – Proclamare Gesù Cristo come unico salvatore dell’uomo e nello stesso tempo apprezzare le religioni presenti nel Paese; correggere e integrare le sfasature culturali, ma mostrandosi profondamente “nazionalisti” (cioè patriottici); risvegliare la fede di tanti cattolici che si estraniano dalle loro comunità, correggendo burocrazia e legalismo nella vita della Chiesa; trovare nuovi linguaggi per esprimere le verità di fede, oltre quello tradizionale espresso in categorie greco-romane; valorizzare la pietà popolare e le piccole comunità di vita ecclesiale per ridare vigore alla vita di fede. Sono alcune delle piste di problemi e di suggerimenti che mons. Thomas Dabre, vescovo di Poona ha offerto nel suo discorso di apertura della Plenaria della Ccbi (Conferenza dei vescovi indiani di rito latino) che si è tenuta a Chennai (Tamil Nadu) dal 7 al 14 gennaio.

Fra le ipotesi di soluzioni offerte, spicca la sottolineatura di “non… essere negativi verso le altre religioni”, adottando “metodi arroganti e aggressivi per evangelizzare”, differenziandosi dallo stile delle comunità evangelicals. Occorre affermare l’unicità della salvezza in Cristo e insieme riconoscere l’opera dello Spirito Santo nelle altre religioni.

Mentre si lavora per correggere e purificare le culture (basti pensare all’impegno per la dignità della donna e dei dalit), occorre svolgere questo processo con “prudenza e molta cura”, mostrando il proprio “nazionalismo” (mentre i gruppi fondamentalisti indù bollano i cristiani come seguaci di un dio “straniero”). “Il nostro modo di evangelizzare”, afferma mons. Dabre, non deve essere visto “in alcun modo come una minaccia alle culture indiane e all’eredità culturale indiana”. Pur in mezzo a “opposizione, attacchi e rifiuto”, davanti a “diffuso materialismo, ad indifferenza nella spiritualità, ad agnosticismo, ateismo e secolarismo”, l’evangelizzazione avviene sempre “nella gioia”. Ecco ampli stralci del testo del suo intervento (traduzione a cura di AsiaNews. I corsivi e i neretti sono nell’originale).

 

Gioia del Vangelo

Evangelizzazione: la perenne missione della Chiesa in India

Tutti noi siamo membri della Chiesa grazie all’evangelizzazione compiuta dalle generazioni precedenti. A nostra volta, anche noi dobbiamo essere evangelizzatori. Questo è il perenne mandato di Gesù alla Chiesa: “Andate e predicate il Vangelo ad ogni creatura (Mc 16,15) (Cfr anche 1 Cor 9,16: “Guai a me se non predicassi il Vangelo”).

“Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci?” (Rom 10,14).

Il mandato missionario è parte integrale dell’autocomprensione della Chiesa lungo tutta la sua storia. È sulla base di questa autocomprensione e di questa fede che migliaia di martiri hanno donato la loro vita fino ai giorni nostri.

L’evangelizzazione aiuta ad affrontare le questioni fondamentali della vita. Gesù risponde a tutte le questioni della vita che sempre e dovunque sono le fondamentali preoccupazioni esistenziali di tutta l’umanità. Cos’è l’uomo? Qual è il significato della vita? Qual è lo scopo della vita? Qual è il futuro e il destino dell’uomo?

[...]

È comunque un fatto esistenziale che molti cattolici non si sentano ispirati, sfidati o ripieni con la stessa fede e ministero pastorale della Chiesa.

L’evangelizzazione e la proclamazione incontrano opposizione, attacchi e rifiuto. Nel nostro Paese alcuni piangono per un divieto sulle conversioni.

L’urgenza assoluta dell’evangelizzazione non è negoziabile; ma come condurla in mezzo a inquietanti e scoraggianti problemi e sfide? Questo è ciò che dovrebbe occuparci di continuo. La missione va condotta nella chiave della nuova evangelizzazione.

La novità del vangelo e la vita cristiana

“O Dio, ti canterò un canto nuovo, inneggerò a te con l’arpa a dieci corde” (Salmo 144)

“Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!»” (Marco 1,27)

“Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo fa scoppiare gli otri, il vino si spande, e gli otri vanno perduti. Ma il vino nuovo va messo in otri nuovi” (Luca 5,37-38)

“e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Efesini 4,24)

“Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza…” (Ebrei 9,15)

“Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Cor 5, 17)

“Ma, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, nei quali abiti la giustizia” (2 Pietro 3, 13).

“Lodate il Signore con la cetra, con l'arpa a dieci corde a lui cantate. Cantate al Signore un canto nuovo (Salmo 32). Liberati da tutto ciò che è vecchio e consumato, perché tu conosci un canto nuovo. Un uomo nuovo, un patto nuovo, un canto nuovo. Questo nuovo canto non appartiene al vecchio uomo. Solo l’uomo nuovo lo impara; l’uomo restaurato dalla sua condizione di caduta, mediante la grazia di Dio, che ora condivide il nuovo patto, cioè il regno dei cieli.  Ad esso aspira tutto il nostro amore e canta un canto nuovo. Cantiamo questo canto nuovo non con le nostre labbra, ma con le nostre vite” (S. Agostino, Da un discorso sul salmo 32; Sermone 1, 7-8: CCL 38, 253-254)

“A tal fine è quanto mai necessario che i fedeli passino da una fede abitudinaria, sostenuta forse solo dall'ambiente, ad una fede consapevole, vissuta personalmente. Rinnovarsi nella fede sarà sempre la via migliore per condurre tutti alla Verità che è Cristo” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in America, n. 73).

Conversione e rinnovamento, che abbraccino ogni aspetto

“Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno” (Ev. Gaudium, 25).

Papa Francesco afferma: “Il Concilio Vaticano II ha presentato la conversione ecclesiale come l’apertura a una permanente riforma di sé per fedeltà a Gesù Cristo: «Ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in un’accresciuta fedeltà alla sua vocazione […] La Chiesa peregrinante verso la meta è chiamata da Cristo a questa continua riforma, di cui essa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno»” (EG, 26 e UR, 6).

Papa Francesco si attende che “in linea con la nuova cultura delle città moderne e con l’emergere di nuovi modi di vita, i ministri della Chiesa dovrebbero proporre vie più nuove, più attraenti e accessibili nel compiere il loro servizio e nel condividere la nuova novella di Gesù”.

Per questo, l’orario della liturgia, della preghiera, la disponibilità, il contenuto del servizio di preghiera, le omelie e la condivisione della parola di Dio e i diversi servizi di misericordia e di compassione hanno bisogno di essere rivisti e adattati.

Nei tempi andati la società era statica e si poteva fissare un orario regolare e di routine. Nella società funzionale, dinamica e velocemente mutevole abbiamo bisogno di flessibilità e modifiche ai nostri programmi e al ministero pastorale. Per esempio, le messe devono essere previste a qualunque ora del giorno, non rimanendo bloccati a un orario fisso come in un ufficio, e così via.

 “Si rende necessaria un’evangelizzazione che illumini i nuovi modi di relazionarsi con Dio, con gli altri e con l’ambiente, e che susciti i valori fondamentali. È necessario arrivare là dove si formano i nuovi racconti e paradigmi, raggiungere con la Parola di Gesù i nuclei più profondi dell’anima delle città…. Il senso unitario e completo della vita umana che il Vangelo propone è il miglior rimedio ai mali della città” (EG 74, 75)

 “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre” (Ebrei 13,8). “Così, il santo apostoli, con saggia considerazione del significato del mistero dice: ‘Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre’ – egli sa che il mistero è sempre nuovo, che la mente che cerca di comprenderlo non lo priverà mai della sua freschezza” (S. Massimo il Confessore, Cent. 1, 8-13, seconda lettura del breviario del 4 gennaio).

Per questo, la fedeltà evangelica richiede che la perenne fede e la sua novità fondata sull’abbondante, immensa e infinita ricchezza di Cristo sia mantenuta in un sereno, stabile e dinamico equilibrio della perenne fede con una costante novità.

L’evangelizzazione richiede creatività e innovazione. Dio è sempre nuovo e antico. “Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità” (EG, 33)

Tutto ciò è in linea con la nuova evangelizzazione che è stata messa in luce fin dai tempi di san Giovanni Paolo II, che l’ha proposta in modo così entusiasta, e i cui componenti principali sono: 1. Nuovo ardore; 2. Nuovi metodi; 3. Nuove espressioni[1].

L’evangelizzazione oggi deve essere indirizzata a tre gruppi specifici di persone:

1.Membri regolari della comunità, la cui fede deve essere approfondita di continuo;

2.Come il Buon Pastore, accompagnare e persuadere i cattolici lontani perché ritornino alla comunità di fede;

3.Attrarre nuovi fedeli nell’ovile, proclamando il Vangelo a persone di altre fedi e culture (R.M.,33)

A tutti i livelli nella vita della Chiesa, tale ministero deve essere riorganizzato tenendo presenti questi gruppi, avendo in mente la loro situazione specifica.

Nuova cultura e situazione cambiata

Crescita esponenziale di scienza e tecnologia; miglioramento delle condizioni di vita; crescita della salute e della durata di vita sono davvero una benedizione di Dio attraverso l’inventiva umana, l’abilità, l’immaginazione. Ma questi hanno portato – in modo errato – a un crescente numero di persone piene di orgoglio, come se l’uomo potesse organizzare la sua vita con le proprie risorse, senza dipendere da Dio o perfino negando la sua esistenza. Questo ha portato anche a un diffuso materialismo, ad indifferenza nella spiritualità, ad agnosticismo, ateismo e secolarismo.

Il postmodernismo è un relativismo autoreferenziale e soggettivismo, un rifiuto delle verità oggettive, universali e assolute.

Anche la situazione all’interno della Chiesa ha raggiunto un punto critico: bassa partecipazione a culto e liturgia; fallimento di alcuni ministri della Chiesa nel mantener fede ai loro impegni; mancanza di accompagnamento pastorale, divisioni, fallimento nell’adattarsi a nuove culture, situazioni e chiesa, ecc…

Tutto questo richiede nuove strategie, approcci, prospettive nel processo di evangelizzazione. Attuare vecchi programmi di ministero pastorale sarebbe [una scelta] superficiale, semplicistico, irrealistico. E questo va tenuto in mente da parte di religiosi e clero quando essi escono da sicuro e ricettivo spirito delle case di formazione.

La Chiesa come comunità di fede ha la sua dottrina, legge, etica, che sono essenziali elementi della fede-vita e dell’evangelizzazione. Dobbiamo comunque distinguere fra le cose essenziali e quelle che si possono cambiare, sedimentazioni storiche e tradizioni sociali ed umane condizionate dal tempo.

Il divieto per una sepoltura cristiana ai suicidi, perfino in caso di scolari; il più stretto regime di digiuno e astinenza durante la Quaresima; le tre ore di digiuno prima della comunione; l’uso universale del latino; restrizioni nel matrimonio interreligioso; pratica delle culture locali, usi e tradizioni: dopo il Concilio vaticano II molte di queste cose sono state messe da parte o riviste.

1.Molti fedeli non arrivano a comprendere e apprezzare le formulazioni tradizionali della dottrina. Certo, la dottrina e la verità di fede sono doni di rivelazione per la nostra salvezza e dovremmo apprezzare il loro significato e ricchezza. Ma le espressioni definite non suscitano una risposta attesa, emozione ed esperienza fra alcuni credenti a causa della loro incapacità a comprenderle e interpretarle in modo corretto. La mentalità di oggi e la struttura del pensiero non è greco-romana, come al tempo in cui i dogmi sono stati formulati.

2.In tanti anni, la legge della Chiesa è stata rivista. Certo, la legge illumina e rende possibile una consistente e ben ordinata vita della Chiesa. Ma una interpretazione solo letterale e una stretta applicazione della legge non hanno aiutato alcuni fedeli a correggere il loro modo di vivere e partecipare a una vita di fede regolare nella comunità.

3. Nei tempi attuali, l’insegnamento della Chiesa su matrimonio, divorzio, uso di contraccettivi, lo scopo primario del matrimonio, eutanasia hanno trovato opposizione o sono stati ignorati perfino dai fedeli, senza scrupoli di coscienza.

 

Certamente l’insegnamento della Chiesa sulla moralità ha il suo intrinseco merito; esso sottolinea l’inviolabile e trascendente dignità della persona umana e cerca di proteggere il più alto valore della vita. Rimane il fatto che questo non è recepito da parte di alcuni dentro la Chiesa. Qualcuna di queste preoccupazioni e problemi non sono ben affrontati nel ministero pastorale.

La trasmissione del Vangelo o evangelizzazione ha bisogno di rinnovare le espressioni e le forme delle verità immutabili del vangelo e del deposito della fede. Perché è vero che nella nostra situazione, la gente non comprende propriamente e non apprezza le formulazioni ortodosse. La EG ci invita a un rinnovamento della presentazione della dottrina e a non presentare la legge della Chiesa, gli usi, le tradizioni, le pratiche come oppressive e pesanti. I fedeli dovrebbero poter respirare liberamente nella Chiesa. In tal modo ogni cosa diviene buona notizia di gioia, misericordia, perdono libero da legalismo (EG 41-42).

Alcune sfide culturali

Dobbiamo ammettere che se una parte dei nostri battezzati manca di senso di appartenenza alla Chiesa, ciò è anche dovuto ad alcune strutture e all’atmosfera talvolta non accogliente di alcune nostre parrocchie e comunità, o al modo burocratico di trattare i problemi semplici o complessi della vita della nostra gente. In molti luoghi, l’approccio amministrativo prevale su quello pastorale, come pure un’enfasi nell’amministrare i sacramenti staccato da altre forme di evangelizzazione.

EG 63 domanda un rinnovamento globale della Chiesa a tutti i livelli, con una ristrutturazione che sia in armonia con lo spirito del Vangelo, la misericordia, il perdono e libera dal legalismo.

L’unicità di Gesù Cristo-Salvatore del mondo

La presentazione della “Unicità di Gesù Cristo – Salvatore del mondo” è davvero una formidabile sfida per la Chiesa in India. La Chiesa ha fede assoluta che Gesù Cristo è il salvatore del mondo. Con la sua morte in croce Egli ha portato il perdono di Dio e la vita eterna, la completa redenzione e salvezza a tutta l’umanità senza alcuna eccezione.

È fede della Chiesa che ogni salvezza in qualunque luogo e tempo, in tutta la storia, in ogni civiltà e cultura avviene attraverso l’unica mediazione di Gesù Cristo.

“Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Giov. 12, 32).

“Dio ha riconciliato a Sé il mondo in Cristo” (2 Cor 5,19).

“Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato sé stesso in riscatto per tutti” (1 Timoteo 2, 4-7).

Ma come presentare ed esprimere l’unicità di Gesù? Come renderla intellegibile e accettabile?

Gli indù dicono che tutti i fiumi giungono al mare, così tutte le persone di religioni diverse arrivano a Dio. Jiainismo e buddismo affermano che ognuno è salvatore di sé stesso, con il proprio sforzo. Occorre prendere seriamente in considerazione queste visioni, quando affermiamo il ruolo vicario di Cristo e il suo sacrificio.

Attraverso i miei contatti con persone di altre religioni e culture, io vedo che essi sono sinceri, ben intenzionati e profondamente spirituali, e credono in Dio dal profondo del loro cuore. Quando tu ami con sincerità la gente ed entri nella loro vita e costruisci legami di amore, capisci che anche loro sono sulla via di Dio. La presenza di Dio, il potere e lo Spirito Santo possono benissimo essere con loro.

“Il Concilio Vaticano II, infatti, ha affermato che «l'unica mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione, che è partecipazione dell'unica fonte»” (Dominus Jesus, 14; LG, 42).

Il Vaticano II ha affermato che “dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale” (GS, 22).

Non pensiamo perciò che quelli delle altre religioni siamo separati dal mistero di Gesù; essi possono essere ben uniti a Lui, forse anche più di noi. In tal modo, la proclamazione dell’unicità di Gesù dovrebbe essere fatta tenendo questo in mente.

L’unicità di Gesù non significa che le altre religioni non possono essere canali o mediazioni della salvezza di Cristo per i loro aderenti.

“Il Concilio Vaticano II ricorda l'opera dello Spirito nel cuore di ogni uomo mediante i «semi del Verbo», nelle iniziative anche religiose, negli sforzi dell'attività umana tesi alla verità, al bene, a Dio ... La presenza e l'attività dello Spirito non toccano solo gli individui. ma la società e la storia, i popoli, le culture, le religioni. Lo Spirito. infatti, sta all'origine dei nobili ideali e delle iniziative di bene dell'umanità in cammino… «ogni autentica preghiera è suscitata dallo Spirito santo, il quale è misteriosamente presente nel cuore di ogni uomo»” (RM 28, 29)

Non possiamo essere negativi verso le altre religioni e adottare metodi arroganti e aggressivi per evangelizzare. Questo non è l’approccio di Gesù: “Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (Matteo 5, 17-19).

Nel suo discorso all’Areopago, san Paolo parla in termini di fondamenti comuni sulle religioni.

“E Paolo, stando in piedi in mezzo all'Areopago, disse: «Ateniesi, vedo che sotto ogni aspetto siete estremamente religiosi. Poiché, passando, e osservando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un altare sul quale era scritto: Al dio sconosciuto. Orbene, ciò che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annuncio” (Atti, 17,22-23).

Paolo afferma l’Unico Dio come creatore che è vicino ad ognuno; egli li riconosce come religiosi e dichiara la fede nel Signore risorto.

Nei miei programmi interreligiosi ho sempre citato alcune semplici cose:

1.Che secondo Gesù il più grande comandamento è “ama il prossimo tuo come te stesso” (Matteo 22,39).

“Amen, amen, qualunque cosa avete fatto [o non avete fatto] a uno di questi più piccoli, l’avete fatto [o non l’avete fatto] a me” (Matteo 25, 40).

 

2.Che tutti gli uomini sono uguali. Dio ha fatto l’uomo e la donna a Sua immagine e somiglianza. “Padre perdona loro” (Luca 23,34). I non cristiani apprezzano queste parole dal Vangelo, così, la condivisione della Parola di Dio con i non cristiani è una grande opportunità per l’evangelizzazione.

P. Joseph Vaz, P. Constant Lievens  e Madre Teresa, Sadhu Sundar Singh, un grande accademico cristiano come Brahmabandhav Upadhyay e il Rev. N.V.Tilak e altri hanno avuto grande successo nella missione dell’evangelizzazione, perché essi si sono identificati con la cultura locale. Attraverso di loro noi impariamo l’importanza dell’inculturazione, del praticare la Parola di Dio e condividere le gioie e le tristezze di coloro che vengono evangelizzati. In tal modo, la nostra evangelizzazione non può essere vista in alcun modo come una minaccia alle culture indiane e all’eredità culturale indiana.

La nostra evangelizzazione deve essere fatta alla luce delle nostre diverse situazioni e specialmente in armonia con i nobili valori delle religioni indiane e delle culture indiane.

Nella sua intenzione generale di preghiera per il mese di dicembre 2018, papa Francesco dichiara: “Che le persone coinvolte nel servizio e nella trasmissione della fede possano trovare, nel loro dialogo con le culture, un linguaggio adatto alle condizioni del tempo presente”.

Dovremmo anche essere riconosciuti come autentici patrioti e nazionalisti

Il nazionalismo autentico dovrebbe essere una caratteristica dei membri di tutte le religioni. Fede in Cristo, lealtà alla Chiesa e autentico nazionalismo vanno insieme. Il nazionalismo autentico lega tutti i cittadini in unità, nella diversità delle loro religioni, culture e ideologie.

Il linguaggio della purificazione delle culture e delle pratiche religiose nel processo della missio ad gentes, adottano nei documenti ecclesiali, di per sé giustificato, dovrebbe comunque essere utilizzato con prudenza e molta cura.

Certo, tutte le culture devono essere illuminate dalla parola di Dio. Così, cose come il sistema delle caste, l’idolatria, molteplicità degli dei, le vacche sacre, il bando della carne di manzo, il Punar Janma (rinascita), ecc.  devono essere riviste, e rivalutate alla luce della fede cristiana. Ma questo non può essere fatto in modo aggressivo. Esso ha bisogno di essere fatto con prudenza e discrezione, per non incorrere nell’ira e negli attacchi.

Alcuni elementi estremisti sono molto attivi nel creare un clima di paura, ansietà e intolleranza. Alcuni di loro sono aggressivi e violenti. In una situazione simile, l’evangelizzazione deve essere fatta in modo prudente, con saggezza e pazienza.

Il documento Nostra Aetate del Vaticano II, dice:

“Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti” (NA 1)

“Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini. Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è «via, verità e vita» (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose. Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi” (NA 2).

Non possiamo presumere di comprendere questa unicità in modo reale e pieno, e cosa ciò implichi.

“Oh, profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi e ininvestigabili le sue vie! Infatti «chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì da riceverne il contraccambio?»” (Romani 11, 33-35).

Perciò, il ruolo di Gesù, unico e solo Salvatore del mondo può essere affermato in estrema umiltà davanti al divino mistero.

Dichiarazioni su Dio sono di tipo confessionale e sebbene intrinsecamente ragionevoli, essi non sono pienamente accessibili alla ragione. Dio rimane sempre un mistero. A complemento delle nostre dichiarazioni di fede, dobbiamo porre il nostro impegno, il totale abbandono, l’esperienza e la testimonianza. È questo tipo di testimonianza di vita che è il più ragionevole e persuasivo metodo di proclamare l’unicità di Gesù, lo stesso che i martiri hanno fatto lungo tutta la storia della Chiesa. Discussioni e prove su verità religiose non convincono necessariamente la gente.

“Sostenuto dalla forza della carità [Stefano] vinse Saulo che infieriva crudelmente, e meritò di avere compagno in cielo colui che ebbe in terra persecutore. La stessa carità santa e instancabile desiderava di conquistare con la preghiera coloro che non poté convertire con le parole” (Fulgenzio di Ruspe, Lettura dal Breviario del 26 dicembre).

L’evangelizzare, che è un imperativo fondamentale, è comunque una missione che comprende tutto e include tutto, completa di molteplici dimensioni: verbale, dogmatica, intellettuale, spirituale, psicologica, fisica, sociale, culturale, politica, cosmica.

Quando la comunità di fede della Chiesa vive queste molteplici dimensioni della pienezza di vita che Gesù ci offre in modo così generoso, essa diviene un testimone credibile dell’unicità di Gesù Cristo.

Vangelo della gioia

“Attingerete acqua con gioia
alle sorgenti della salvezza...
Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion,
perché grande in mezzo a voi è il Santo di Israele” (Isaia 12, 3.6)

“Cantate con gioia a Dio, nostra forza;

mandate grida di esultanza al Dio di Giacobbe” (salmo 81, 1)

“Il regno di Dio infatti non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Romani 14, 17).

“Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi [da rituali religiosi che non offrono pace], e io vi ristorerò [rinnovando le vostre anime con la mia salvezza]. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro [rinnovamento, benedizione, pace] per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Matteo 11, 28-30)

Perciò la fede non deve essere un fardello pesante. Il servizio di Gesù ha portato gioia ai bambini, alle donne, ai poveri, ai peccatori e ai pentiti. Il messaggio delle beatitudini è di benedizione, gioia e salvezza per tutti. Perfino ai nemici egli porta gioia con il suo messaggio di perdono che culmina sulla croce.

Poiché la gioia di Cristo è per tutti, la Chiesa deve rendere tutti capaci di incontrare Gesù.

“Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui”. (cfr EG 3).

Mettendo in luce l’importanza della parrocchia, il papa dice che essa è la presenza della Chiesa in un dato territorio, un ambiente per ascoltare la parola di Dio, per far crescere la vita cristiana, il dialogo, la proclamazione, l’impegno caritativo, la preghiera e la celebrazione (Cfr. EG 27,28),

Dobbiamo capire l’importanza fondamentale della parrocchia nella missione di evangelizzazione. I grandi programmi a livello di Vaticano, Fabc, Nbclc e diocesi sono senza dubbio di grande significato. Un cambiamento reale deve comunque avvenire a livello di base. Perciò, il desiderato rinnovamento e ristrutturazione deve avvenire a livello delle comunità locali parrocchiali, altrimenti i grandi piani, le politiche e le decisioni rimangono sulla carta. Ciò richiede anche a tutti noi che operiamo ai più alti livelli di discendere al livello locale, di base.

In tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia ed educa i suoi membri ad essere evangelizzatori. La parrocchia deve essere “completamente orientata alla missione”. Vi sono molte forme e modi per evangelizzare. Nessun movimento o associazione dovrebbe essere messo da parte, se essi sono istituiti in modo legittimo.

Condividere la Parola di Dio, come base dell’evangelizzazione

L’importanza della parola di Dio per molti gruppi, come i gruppi di studio sulla Bibbia, il rinnovamento carismatico, le San Vincenzo, e altri. In ognuno di essi si dovrebbe condividere un passaggio della Santa Bibbia e rifletterci sopra. “Le altre istituzioni ecclesiali, comunità di base e piccole comunità, movimenti e altre forme di associazione, sono una ricchezza della Chiesa che lo Spirito suscita per evangelizzare tutti gli ambienti e settori” (EG 29).

Pietà popolare

Fa appello al cuore del popolo. Sentimento, spontaneità, entusiasmo, esperienza sentita, sacrificio e costanza sono alcune importanti caratteristiche dela pietà popolare, osservata a Vailankanni, Jhansi, Unteshwari Mata, Mount Mary, Lourdes, Fatima, ecc.  Come la storia biblica e quella della Chiesa mostrano, la religione cristiana è un movimento di massa. La devozione popolare tiene viva la fede, essa porta vitalità alla Chiesa. È una occasione d’oro per un’evangelizzazione integrale e comprensiva. Naturalmente, le persone hanno bisogno di essere guidate e illuminate dai pastori, che dovrebbero guidare e incoraggiarle con la loro partecipazione (V. EG 70)

Condividere la parola di Dio, uno dei punti focali più importanti delle SCC

Vi sono tante SCC (comunità ecclesiali di base in India) e tante storie di successo e gioia, in seguito alla condivisione della Parola di Dio. Queste [SCC] sono gruppi di cristiani che a livello di famiglie o altri gruppi più ristretti, si incontrano insieme per pregare, leggere la Scrittura, il catechismo e la discussione su problemi umani ed ecclesiali, in vista di un comune impegno. Queste comunità sono un segno di vitalità nella Chiesa, uno strumento di formazione ed evangelizzazione, e un solido punto di partenza per una nuova società basata sulla “civiltà dell’amore” (Cfr. RM 51).

Modelli così efficaci e fruttuosi devono essere replicati secondo le situazioni. Ad es.: Krist Bhaktas, preghiera carismatica, Vincenzo de Paoli, Focolare, devozioni popolari, ecc... Noi ministri della Chiesa dobbiamo accogliere e promuovere qualunque cosa possa aiutare il nostro popolo ad essere attirato da Gesù Cristo e condividere la pienezza di vita che Egli ha portato.

Conclusioni

Per la buona novella di salvezza, Gesù stesso è stato crocifisso per divina necessità. Anche la comunità evangelica della Chiesa ha da soffrire lungo tutta la storia. Perciò, non può essere altrimenti per noi, mentre ci impegniamo a promuovere il Vangelo della Gioia e della Novità. La Chiesa in India ha di fronte sfide inaspettate e problemi all’interno delle comunità e nella più ampia società. Ma non dobbiamo essere sfiduciati. “Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, si è fatto egli stesso carne, per operare, lui, l'uomo perfetto, la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale. Il Signore è il fine della storia umana, «il punto focale dei desideri della storia e della civiltà», il centro del genere umano, la gioia d'ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni” (GS 45).

Camminiamo con la fiducia nel Signore della storia e sotto la materna protezione di Maria, la Stella dell’evangelizzazione.

 

*Vescovo di Poona

 


[1] “The Task of the Latin American Bishops” Origins 12 (March 24. 1983) p. 661.