Chi vince e chi perde alla Conferenza internazionale per la Libia a Palermo
di Pierre Balanian

Con la mediazione di Al Sissi l’Italia è riuscita a far venire anche il maresciallo Khalifa Haftar. Roma si riprende dalla Francia il dossier libico. L’Onu vede realizzato il suo piano economico: un’unica banca centrale che raccoglie i proventi del petrolio. Per far camminare la Libia verso la pace occorre lavorare su tre fronti: economia, disarmo delle milizie, riconciliazione nazionale. I soldi libici congelati all’estero si aggirano sui 500 miliardi di dollari Usa.


Tripoli (AsiaNews)- Si è conclusa oggi la Conferenza internazionale per la Libia tenutasi a Palermo, con una straordinaria vittoria diplomatica dell’Italia, che ha fatto stringere la mano ai due antagonisti principali, il maresciallo Haftar ed il presidente Al Serraj, e portando tutti i partecipanti alla convinzione di dover appoggiare gli sforzi dell’Onu, presente con l’emissario speciale per la Libia, Ghassan Salamé e la sua vice Stephanie Williams.  Le mediazioni dietro le quinte sono tante e la diplomazia italiana ha saputo egregiamente tirarne i fili. Di enorme importanza è stata quella condotta attraverso il presidente egiziano Al Sissi, unico capo di Stato, oltre quello libico, ad essere presente a Palermo fra tutti i Paesi partecipanti. L’Egitto è il quarto Paese di influenza in Cirenaica, dopo Francia, Emirati e Arabia Saudita. Il maresciallo Khalifa Haftar, in tutto dipendente da questi tre Paesi non poteva dire di no al Cairo ed è venuto sbuffando e restando assente, pur sorridendo di fronte ai fotografi per le foto di circostanza.

La Conferenza di Palermo non poteva essere “la” conferenza risolutiva dei problemi della Libia. Sono mancati i presidenti Donald Trump, Vladimir Putin, Emmanuel Macron, la cancelliera Angela Merkel, per citare gli attori internazionali più coinvolti in Libia. E sono mancati i locali e influenti protagonisti che come un potere ombra influenzano il governo libico.  Nonostante ciò, il contributo italiano nell’indirizzare i passi verso una soluzione a lungo termine è stato di enorme importanza e innovativo.

I vincitori sono anzitutto l’Onu - Ghassan Salamé e Stephanie Williams - che vede realizzato il suo piano economico: porre fine alla distribuzione bipolare degli introiti petroliferi in due banche, raccogliendoli in un’unica banca centrale sotto Al Serraj, per evitare dispersioni di fondi che servirebbero a finanziare le milizie. Tale passo è il preludio alle elezioni, per le quali serve una costituzione approvata da tutti.

Vince anche l’Italia, che in modo elegante è riuscita a riprendersi la gestione del Dossier Libia dalle mani della Francia, attore importante nel sud della Libia e di enorme influenza sulle milizie, ridando a Roma la sua posizione unica in Libia, riconosciuta internazionalmente.

Fra i vincitori locali, va escluso per ora il popolo libico che a breve termine non sentirà alcun beneficio.

Ma vince Khalifa Haftar, che ottiene un riconoscimento internazionale al pari del presidente Al Serraj. E anche Al Serraj esce confermato al potere dalla comunità internazionale, in mancanza di veri appoggi all’interno.

Le parole chiavi della soluzione libica restano tre: economia, disarmo delle milizie, riconciliazione nazionale. Senza di ciò, la crisi porterà alla frantumazione del Paese. La realizzazione di questi tre punti non può avvenire con il solo sforzo libico, ma occorre l’intervento dell’Onu.

Secondi dati dalla Banca centrale francese i soldi libici congelati all’estero si aggirano sui 500 miliardi di dollari Usa: essi basterebbero in abbondanza a ricostruire il Paese e concedere compensi alle famiglie libiche per la perdita di vita umana, condizione sine qua non per una rappacificazione interna.

La Libia continua a rimanere sotto l’articolo 7 della Carta delle Nazioni Unite, che autorizza il ricorso alla forza per riportare la pace. Tale articolo potrebbe essere indispensabile per disarmare le milizie sotto la supervisione di truppe dell’Onu, anche se i libici sono da sempre ostili a qualsiasi occupazione straniera, retaggio di una quarantennale educazione di lotta al colonialismo ancorato nelle anime dallo stesso Gheddafi.

La riconciliazione nazionale rimane la parte più delicata. Essa non potrà essere fatta da Stati stranieri, ma da ong neutrali e prestigiose, capaci di tessere rapporti con tutte le componenti del tessuto sociale, etnico, linguistico e tribale del mosaico libico, con un’attenzione particolare al rilancio economico della parte sud della Libia, il Fezzan, da sempre marginalizzato e da sempre passaggio di ogni traffico, compreso quello di esseri umani.