Jakarta protesta: indonesiana decapitata da Riyadh senza preavviso
di Mathias Hariyadi

Tuti Tursilawati aveva ucciso il padre del suo datore di lavoro per sfuggire ad una violenza sessuale. Il presidente indonesiano Joko Widodo presenta denuncia e chiede spiegazioni. L’Ufficio per la cura e la protezione dei migranti: “I sauditi non hanno intenzione di far luce sulle violazioni dei diritti umani”. In totale, dal 2011 sono almeno sei i cittadini indonesiani giustiziati in Arabia Saudita.


Jakarta (AsiaNews) – Le autorità saudite hanno eseguito la condanna a morte di una domestica indonesiana, senza prima avvertire Jakarta o la famiglia della donna. La condotta di Riyadh ha suscitato indignazione in tutto il Paese, spingendo il governo di Jakarta a protestare in via ufficiale.

Originaria di Majalengka (provincia di West Java), la 34enne Tuti Tursilawati (foto) è stata decapitata lo scorso 29 ottobre nella città di Ta'if. La donna era stata condannata a morte nel 2011 per l'omicidio premeditato del padre del suo datore di lavoro, avvenuto l'anno precedente. L’imputata ha sempre dichiarato di aver agito per autodifesa, nel tentativo di sfuggire ad una violenza sessuale. Ucciso l’aggressore, Tursilawati era scappata dal luogo del delitto ma è stata raggiunta da nove uomini, che l’hanno stuprata prima di consegnarla alla polizia.

Il presidente indonesiano Joko Widodo ha dichiarato di aver contattato il ministro degli Esteri dell'Arabia Saudita, Adel al-Jubeir, per presentare una denuncia e chiedere spiegazioni sulla mancata notifica. Lalu Muhammad Iqbal, direttore dell’Ufficio per la protezione dei cittadini indonesiani del ministero degli Esteri di Jakarta, sottolinea che né il consolato indonesiano di Jeddah né l’ambasciata a Riyadh sono state avvertite.

L’Ufficio per la cura e la protezione dei migranti, altro organismo in seno al ministero, riporta che l'ultima comunicazione tra Tursilawati e la famiglia è avvenuta tramite una videochiamata il 19 ottobre. Il consolato di Jeddah aveva contattato la donna il 28 ottobre, senza tuttavia ricevere informazioni sull’esecuzione della sua condanna. Wahyu Susilo, direttore esecutivo dell’Ufficio, dichiara ad AsiaNews: “Pur essendo due casi distinti, il recente omicidio del giornalista Jamal Khashoggi e l’uccisione di Tuti Tursilawati dimostrano che i sauditi non hanno intenzione di far luce sulle violazioni dei diritti umani, per lo più contro il diritto alla vita”.

“L’ufficio che dirigo – prosegue Susilo – condanna con fermezza quest’esecuzione e sollecita le autorità a mettere in atto sforzi diplomatici, per porre fine alle resistenze dell'Arabia Saudita al rispetto dei diritti umani e a protocolli internazionali come la Notifica consolare obbligatoria”. A causa delle “prestazioni insufficienti” della autorità saudite nella tutela dei diritti dei lavoratori stranieri, il funzionario auspica il ritiro dell’Indonesia dagli accordi sottoscritti con Riyadh sull’immigrazione.

Susilo riporta che gli indonesiani emigrati in Arabia Saudita sono stati coinvolti in 102 procedimenti penali, tra il 2011 ed il 2018. “Il 75% di essi riguardava omicidi”, afferma. I giudici hanno assolto gli imputati in 29 casi. Tuttavia, sono almeno sei i cittadini indonesiani giustiziati dal boia saudita senza preavviso. A Tuti Tursilawati si aggiungono: Ruyati (2011), Siti Zaenab e Karni binti Medi Tarsim (2015), Yanti Iriyanti e Zaini Misrin Arsyad (2018).