Card Zenari: preghiamo per la Siria e i giovani, in cerca di un futuro di pace e speranza
di Dario Salvi

A Pompei per presiedere alla Supplica il porporato rinnova l’appello alla preghiera per “mettere fine” ai conflitti. Un pensiero a bambini e giovani “fra i più colpiti” dalla guerra. Ripartire da loro “per ricostruire il Paese”. Dalla Siria tre timidi segnali che fanno sperare in un miglioramento. 

 


Roma (AsiaNews) - “Dobbiamo continuare a pregare per la pace in Siria e in tutto il Medio oriente. La preghiera è l’arma più importante che abbiamo, per cercare di mettere fine” a tutti i conflitti e le divisioni che insanguinano la regione. È quanto sottolinea ad AsiaNews il card. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, in questi giorni in Italia dove ha presieduto ieri a Pompei (Napoli) la Supplica alla Madonna per la fine di tutte le guerre. “Sono a Pompei - aggiunge il porporato - proprio per mandare questo segnale forte: preghiamo per la pace. rivolgiamo la nostra invocazione alla Vergine Maria perché ci conceda questa grazia. Non solo per la pace, ma anche per tutte le vittime delle calamità”, l’ultima delle quali ha colpito l’Indonesia

Il cardinale rivolge quindi un pensiero ai ragazzi e alle ragazze, cristiani e non del proprio Paese, mentre a Roma si sta svolgendo il Sinodo dei giovani voluto con forza da papa Francesco. “Bambini e giovani - ricorda il porporato - sono fra i più colpiti dal conflitto; la guerra ha annichilito speranza e prospettive. Sono proprio loro le prime vittime”. Tuttavia, essi sono anche “l’elemento dal quale si deve sperare e ripartire per ricostruire il Paese, per dare un futuro di pace e di speranza, per garantire prospettive nuove” di sviluppo e convivenza. Per questo, conclude il card Zenari, i giovani “devono essere stimolati perché contribuiscano al processo di ricostruzione, che deve partire dalla fine della guerra e da un processo di pace” che abbraccia tutto il territorio. 

Intanto il mese di settembre ha consegnato alle cronache alcune notizie provenienti dalla Siria che fanno sperare - dopo anni di violenze - in un parziale, timido miglioramento. A cominciare dal minor numero di vittime civili registrato dall’inizio del conflitto, nel marzo 2011. Secondo quanto riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani, Ong con base in Gran Bretagna e una fitta rete di informatori sul terreno, a settembre il numero totale si è fermato a quota 139, di cui 58 bambini.

Si tratta del “dato più basso” dalla primavera di sette anni fa, e con numeri bel lontani dal maggio 2015 (il peggiore di questi anni) con 6657 vittime civili fra adulti e bambini. Dietro la diminuzione significativa di vittime civili la progressiva avanzata dell’esercito governativo che, grazie al sostegno russo, ha potuto riconquistare porzioni sempre più vaste di territorio.

Se dal fronte diplomatico vi è attesa per il summit fra Turchia, Russia Germania e Francia annunciato da Recep Tayyip Erdogan per discutere del futuro della Siria, il Paese cerca a fatica di ritrovare una normalità perduta. La guerra ha interrotto consuetudini, tradizioni, appuntamenti che coinvolgevano tutto il Paese, come la Fiera internazionale del commercio. Interrotta dal 2012 per l’inasprirsi del conflitto, lo scorso anno ha riaperto i battenti ma è stata oggetto di un attacco.

Quest’anno, invece, con la liberazione di Ghouta e Yarmouk, distretti a lungo occupati dallo Stato islamico (SI, ex Isis) e da al-Qaeda, non si sono registrati episodi di violenza e la rassegna si è svolta regolarmente, richiamando l’attenzione di un vasto pubblico. La giornata inaugurale, giovedì 6 settembre, è stata un momento di festa nel contesto di un clima di maggiore tranquillità e fiducia.

La ricostruzione della Siria non passa solo attraverso il suo tessuto economico e sociale, ma tocca anche la sfera religiosa in una nazione in cui le minoranze, compresa quella cristiana, hanno beneficiato negli ultimi decenni di pari diritti e dignità. Ne è prova il recente Festival della croce a Maaloula, villaggio a nord-est di Damasco, fra i centri più antichi del cristianesimo in Siria. 

Fra il 2013 e il 2014 l’area e i suoi abitanti hanno subito attacchi terroristi, occupazione, abusi e violenze di gruppi jihadisti. I miliziani hanno distrutto gran parte del patrimonio storico e culturale, devastando tombe e altari. A metà settembre i cristiani hanno potuto celebrare di nuovo la festa, adornando le cime dei monti circostanti con le tradizionali croci illuminate. “Dopo che per anni a bruciare sono state le nostre case per mano jihadista - racconta un abitante - ora possiamo tornare a far brillare le vette delle nostre montagne. Ora possiamo tornare a celebrare la vita”.