Petizione di 297 leader protestanti: Pechino fermi la sua violenza contro i cristiani

Il documento denuncia distruzione di chiese, abbattimento di croci, divieto di educare religiosamente i bambini, pressioni per aderire a strutture controllate dal Partito. Studioso; “Alcuni suggeriscono che, poiché la fedeltà dei cristiani è prima di tutto a Dio e non al Partito comunista, esiste un conflitto di interessi che il partito ritiene possa ostacolare potenzialmente il processo di unificazione”.


Pechino (AsiaNews) – Una petizione firmata da 297 pastori protestanti di 21 province e regioni autonome cinesi chiede al governo di fermare la sua “azione violenta” contro i cristiani e di accettare la distinzione tra Chiesa e Stato.

Nella petizione essi, dimostrando coraggio, denunciano che da quando sono entrati in vigore i nuovi regolamenti religiosi (1 febbraio) la pressione sulle chiese cinesi è aumentata, provocando "azioni violente ... senza precedenti dalla fine della Rivoluzione culturale".

“A settembre 2017 – si legge nella petizione - il Consiglio di Stato ha emanato il nuovo Regolamento sull'Amministrazione degli affari religiosi e ha iniziato a implementare questi regolamenti nel febbraio 2018. Da allora, le chiese cristiane in tutta la Cina hanno sofferto vari gradi di persecuzioni, disprezzo e incomprensioni da enti governativi durante il culto pubblico e le pratiche religiose, comprese varie misure amministrative che tentano di alterare e distorcere la fede cristiana. Alcune di queste azioni violente non hanno precedenti dalla fine della Rivoluzione culturale”.

"Queste comprendono la demolizione di croci su edifici ecclesiastici, la rimozione  violenta di espressioni di fede come croci e versetti esposti sulle case dei cristiani, le  minacce alle chiese per farle aderire a organizzazioni religiose controllate dal governo, l’imposizione alle chiese di esporre la bandiera nazionale o cantare canzoni che elogiano lo Stato e i partiti politici, il divieto ai bambini cristiani di entrare nelle chiese e ricevere un'educazione religiosa e la negazione ai credenti del diritto di riunirsi liberamente".

Queste azioni, prosegue il documento, non sono solo "ingiuste" e un "abuso del potere del governo", ma anche "violano i diritti umani della libertà di religione e coscienza e i principi del diritto universale".

Peraltro, “Le chiese cristiane in Cina sono disposte ad obbedire alle autorità in Cina che Dio ha nominato e a rispettare l'autorità del governo di guidare la società. Crediamo e siamo obbligati a insegnare a tutti i credenti che l'autorità del governo proviene da Dio e che finché il governo non oltrepassa i confini del potere secolare indicato nella Bibbia e non interferisce o non viola nulla relativo alla fede o al bene dell'anima, i cristiani sono obbligati a rispettare le autorità, a pregare con fervore per il loro bene e a pregare intensamente per la società cinese. Per il bene del Vangelo, siamo disposti a subire tutti i danni causati dall'ingiusta applicazione della legge. Per amore dei nostri concittadini, siamo disposti a rinunciare a tutti i nostri diritti terreni”.

“Per questo motivo, crediamo e siamo obbligati a insegnare a tutti i credenti che tutte le vere chiese in Cina che appartengono a Cristo devono attenersi al principio della separazione tra Chiesa e Stato e devono proclamare Cristo come unico capo della Chiesa. Dichiariamo che in materia di condotta esterna, le chiese sono disposte ad accettare il controllo legale da parte dell'amministrazione civile o di altri dipartimenti governativi come fanno altre organizzazioni sociali. Ma in nessuna circostanza indurremo le nostre chiese a unirsi a un'organizzazione religiosa controllata dal governo, a registrarsi presso il Dipartimento dell'amministrazione religiosa o ad accettare qualsiasi tipo di affiliazione. Inoltre, non accetteremo alcun ‘divieto’ o ‘ammenda’ imposti a causa della nostra fede. Per amore del Vangelo, siamo pronti a sopportare tutte le perdite, persino la perdita della nostra libertà e delle nostre vite”.

L’atteggiamento delle autorità, secondo Aaron Ma, un ricercatore con sede in Asia per Open Doors International, mostra che i cristiani sono un enigma per il Partito comunista cinese: "Il PCC crede che la Chiesa sia una forza destabilizzante, ma non perché sia cattiva; infatti, le comunità e le autorità locali tendono a credere che i cristiani sono brave persone. Alcuni suggeriscono che, poiché la fedeltà dei cristiani è prima di tutto a Dio e non al Partito comunista, esiste un conflitto di interessi che il partito ritiene possa ostacolare potenzialmente il processo di unificazione. Altri sono più preoccupati di ciò che percepiscono come un potenziale ‘caos’ derivante dal grande numero di cristiani".