Giovani e leader religiosi indonesiani per il dialogo: nasce la Dichiarazione di Roma
di Paolo Fossati

Il documento nasce per iniziativa dell’ambasciata della Repubblica d’Indonesia presso la Santa Sede.  A Roma per un convegno sul dialogo interreligioso 48 giovani delegati, provenienti dalle comunità indonesiane di 23 Paesi europei. Insieme a loro, presenti alti funzionari del governo di Jakarta ed i rappresentanti delle sei religioni riconosciute dallo Stato indonesiano.


Città del Vaticano (AsiaNews) – La difesa del pluralismo come “grazia dell’Unico Dio”, la promozione dello spirito di fratellanza e la lotta alla politicizzazione della fede religiosa: sono alcuni dei temi trattati dalla Dichiarazione di Roma, documento redatto durante il convegno dal tema “Il dialogo interreligioso nella diaspora indonesiana in Europa”.

Organizzato dall’ambasciata della Repubblica d’Indonesia presso la Santa Sede tra il 30 giugno ed il 3 luglio, l’evento ha richiamato a Roma 48 giovani delegati provenienti dalle comunità indonesiane di 23 Paesi europei. Al seminario hanno preso parte anche alcuni alti funzionari del governo di Jakarta ed i rappresentanti delle sei religioni riconosciute dallo Stato indonesiano: islam, cattolicesimo, protestantesimo, induismo, buddismo e confucianesimo (foto 2).

Articolata in otto punti, la Dichiarazione di Roma intende proporre un “modello di tolleranza, che aiuti a superare incomprensioni ed equivoci tra i fedeli delle diverse confessioni”. È quanto dichiara ad AsiaNews l’ambasciatore Antonius Agus Sriyono, sottolineando il ruolo di primo piano che il Paese intende assumere nella promozione del dialogo tra le religioni. Nella nazione islamica più popolosa al mondo con oltre 260 milioni di abitanti, sono più di 600 i gruppi etnici che compongono il tessuto sociale, ciascuno con lingua e tradizioni proprie.

“Sono convinto che l’armonia ed il multiculturalismo siano parte integrante del patrimonio culturale del nostro popolo: siamo gente pacifica – prosegue l’ambasciatore – Un mio studio su estremismo e radicalismo ha tuttavia rivelato che il 7% della popolazione professa questo tipo di ideologie. La percentuale è bassa, ma fa pur sempre riferimento a 260 milioni di persone. Dobbiamo fare attenzione e contribuire alla costruzione di solide basi la comprensione reciproca all’interno della società. In questo senso, i giovani che vivono all'estero sono sicuramente una risorsa”.

Nur Syam, segretario generale del ministero per gli Affari religiosi, ribadisce che “per quanto riguarda l'unità del Paese, la religione non conta”. “Siamo tutti indonesiani – afferma – L'islam insegna il rispetto ed il concetto di fratellanza si articola su tre livelli: tra musulmani, tra connazionali e tra esseri umani. In quanto uomini, siamo tutti fratelli. È nostra responsabilità far sapere a tutti che l'islam è chiamato ad insegnare alla gente come vivere in armonia, nella tolleranza e nel rispetto reciproco. Questo è l’islam che vogliamo promuovere con iniziative come questa”.

Presente alla conferenza in rappresentanza delle denominazioni protestanti, la presidente della Comunione delle Chiese d’Indonesia, Henriette H. Lebang, dichiara: “La nostra è una società pluralista, ma dobbiamo prenderci cura della nostra unità. Siamo chiamati ad amare Dio con tutto il nostro cuore ma anche ciascun essere umano, così come amiamo noi stessi; a superare i pregiudizi e lavorare insieme per la pace e la giustizia nella comunità, fidandoci l'uno dell'altro e rispettando le differenze. La pluralità è un dono di Dio, non è la radice dei problemi”.

Ieri mattina, le personalità che hanno partecipato al seminario si sono recate in Vaticano per incontrare mons. Khaled Akasheh, capo ufficio per l’islam del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso (foto 1-3). Durante la riunione, moderata da p. Markus Solo Kewuta, il prelato ha illustrato ai presenti i frutti dell’impegno della Chiesa cattolica per un dialogo “basato sulla sincerità e sul rispetto”. “La verità e l’amore sono le due gambe su cui cammina il nostro dialogo cammina”, ha affermato il vescovo. I leader religiosi indonesiani hanno illustrato a mons. Khaled l’esperienza delle relazioni interreligiose in Indonesia per promuovere e gestire la convivenza pacifica tra le diverse comunità.