Teheran, economia ferma mentre il mondo attende Trump e il suo rifiuto dell’accordo sul nucleare
di Kourosh Sheikzadeh

Il presidente Usa annuncerà la sua “decisione” (forse negativa) nel pomeriggio. Rouhani: Un rimorso che rimarrà nella storia. A Teheran l’inflazione è raddoppiata in pochi mesi: un dollaro vale 70mila rial.  Senza l’embargo, gli Usa dovrebbero versare all’Iran 150 miliardi di dollari. Il rischio che nel Paese si rafforzi la frangia più estremista.


Teheran (AsiaNews) – La situazione economica dell’Iran sta diventando sempre più difficile, nell’attesa che il presidente Usa Donald Trump annunci il suo ritiro dall’accordo nucleare firmato nel 2015 fra Teheran e le sei grandi potenze (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania). Dall’inizio del suo mandato Trump ha sempre promesso di cancellare “uno dei peggiori accordi” firmati dagli Usa, di voler bloccare i fondi “utilizzabili per finanziare il terrorismo” e di voler “un cambio di regime” nella Repubblica islamica. Con un tweet egli ha detto che oggi alle 2 pm (ora di Washington) annuncerà la sua “decisione”.

L’accordo sul nucleare aveva dato una piccola speranza alla popolazione iraniana, facendo rialzare l’economia con il ritorno alla vendita del petrolio sui mercati internazionali, e con la fine dell’embargo su molti prodotti di import-export. Il timore è che gli Usa rinnovino pesanti sanzioni che affossino i piccoli miglioramenti finora registrati. La decisione negativa di Trump potrebbe portare a sanzioni su chiunque faccia commercio con l’Iran, bloccando ogni transazione economica e finanziaria.

Due giorni fa, il presidente iraniano Hassan Rouhani, ha detto che se gli Usa si ritirano dall’accordo, avranno “un rimorso che rimarrà nella storia”, che in questo modo l’Iran potrebbe riprendere i processi di arricchimento di uranio, fermati fino ad ora in obbedienza al trattato. Egli ha anche detto che la scelta negativa di Trump potrebbe compromettere la situazione economica dell’Iran solo “per qualche mese”.

In realtà, come confermano ad AsiaNews analisti e businessmen a Teheran, i mercati della capitale sono in pratica fermi, in una situazione di attesa. Intanto la svalutazione del rial verso il dollaro Usa e l’euro si è fatta ancora più pesante: fino a sei mesi fa, un dollaro veniva cambiato a 38mila rial; oggi invece il suo valore è di 70mila rial. I prodotti d’importazione sono aumentati di prezzo e questo influisce anche sui prezzi delle case. Per evitare la perdita di valore, la gente vorrebbe cambiare rial iraniani con qualche valuta straniera, o con oro, ma la disponibilità è molto bassa. Il governo ha messo il bando o ha ridotto di molto le possibilità di acquistare valuta straniera, come pure le transazioni finanziarie all’estero.

D’altra parte, anche per gli Stati Uniti, l’accordo è una questione di soldi. Trump e i suoi alleati repubblicani contrari all’accordo, hanno sempre gridato al fatto che senza le sanzioni, gli Usa hanno dovuto consegnare all’Iran 1,8 miliardi di valuta straniera, che potrebbe arrivare fino a 150 miliardi di dollari in beni finanziari di proprietà di iraniani, bloccati dall’embargo.

Trump lamenta il fatto che l’accordo non serve per garantire un futuro senza armi nucleari a Teheran, ma nasconde il fatto che proprio l’accordo prevede il controllo dell’Aiea (l’Agenzia Onu per il nucleare) sui siti non solo fino al 2025 (data di scadenza del trattato), ma per 20 anni.

Quanto al volere il “cambio di regime”, molti analisti sottolineano che l’atteggiamento di Trump facilita soltanto l’indurimento della risposta iraniana e il rafforzamento della parte più bellicosa del gruppo al potere, dando maggior spazio non al dialogico Rouhani, ma alle frange dei Pasdaran e degli ayatollah più conservatori ai quali le tensioni con l’occidente o un’emergenza bellica consegnerebbe il Paese.