Jizan, costretta a bere candeggina: grave domestica filippina

La polizia saudita ha arrestato la sua datrice di lavoro. Agnes Mancilla si è sottoposta ad un intervento chirurgico addominale di emergenza. A febbraio, le accuse di abusi sui lavoratori domestici hanno causato tensioni tra Filippine e Kuwait. La Chiesa istituisce un Ufficio per la formazione dei migranti in ciascuna delle sue 86 diocesi.


Riyadh (AsiaNews/Agenzie) – Una collaboratrice domestica filippina è ricoverata in un ospedale saudita, dopo che la sua datrice di lavoro l'avrebbe costretta a bere candeggina. Lo ha rivelato ieri il ministero degli Esteri di Manila. Lo scorso 2 aprile, Agnes Mancilla si è sottoposta ad un intervento chirurgico addominale di emergenza, dopo essere stata portata in stato di incoscienza in un ospedale nella città sudoccidentale di Jizan.

“Lavoriamo a stretto contatto con le autorità di Jizan per garantire che venga data giustizia ad Agnes Mancilla”, se legge in una nota del ministero. La vittima è in “condizione gravi ma stabili” e la polizia saudita ha arrestato la sua datrice di lavoro, la cui identità non è stata resa pubblica. Citando Edgar Badajos, console filippino a Jeddah, il governo di Manila dichiara che Mancilla lavorava in Arabia Saudita dal 2016 “ma subiva le ripetute violenze fisiche da parte della sua padrona”, che le ha persino negato lo stipendio.

Questo è l'ultimo episodio di maltrattamenti ai danni dei migranti filippini in Medio Oriente. A febbraio, le accuse di abusi sui lavoratori domestici hanno causato tensioni diplomatiche tra le Filippine e il Kuwait. Il presidente filippino Rodrigo Duterte si era scagliato contro il Paese del Golfo, dove le autorità avevano rinvenuto il cadavere di una domestica filippina, conservato da più di un anno nel congelatore di un appartamento.

Duterte ha disposto il rimpatrio di 10mila migranti che si erano trattenuti nell’emirato ed il “divieto totale” in materia di nuova occupazione in Kuwait, uno dei tanti Paesi del Medio Oriente che ospitano in totale oltre 2 milioni di lavoratori filippini. Il presidente ha affermato che i datori di lavoro arabi violentano i loro impiegati con regolarità, li costringono a lavorare 21 ore al giorno e danno loro da mangiare gli avanzi. Per colmare il “deficit” che si è venuto a creare nel settore dei collaboratori domestici, il governo del Kuwait guarda ora ai lavoratori migranti etiopi.

La scorsa settimana, Duterte ha dichiarato che il Kuwait ha accettato le sue richieste di migliorare le loro condizioni di lavoro, in seguito a negoziati tra i due Paesi per un accordo sull’occupazione. Una di esse è che ai lavoratori filippini sia permesso di conservare telefoni cellulari e passaporti, di solito confiscati dai datori di lavoro. Il presidente ha rivelato che visiterà il Kuwait per assistere alla firma dell'accordo, senza fornire una data precisa.

Al momento, sono circa 10 milioni i lavoratori filippini all’estero, molti dei quali in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Hong Kong, Kuwait e Qatar. Attraverso le rimesse inviate a casa, gli Ofw contribuiscono alla crescita economica del Paese. In anni precedenti, i loro stipendi hanno salvato le Filippine dalla crisi finanziaria e tutt’ora costituiscono una delle maggiori fonti di entrate per l'economia nazionale. La Banca centrale di Manila dichiara che da gennaio a novembre dello scorso anno, i filippini all’estero hanno inviato a casa almeno 1.400 miliardi di pesos (2,6 miliardi di dollari Usa).

La Chiesa cattolica filippina esprime la sua continua attenzione alla situazione dei filippini d'oltreoceano e delle loro famiglie, lasciate indietro nel Paese natio. “Il fenomeno della migrazione all’estero è una delle allarmanti realtà sociali che il nostro Paese affronta oggi”, dichiara ad AsiaNews p. Leonardo Adaptar, direttore del ministero diocesano per i migranti della diocesi di Cubao. “Sempre più spesso – prosegue il sacerdote – ci giungono storie negative, relative ai loro problemi e alle preoccupazioni delle loro famiglie. Vi è una maggiore necessità di monitorare e fornir loro un aiuto pastorale, soprattutto in materia di consulenza legale, di orientamento e di welfare”.

A tal scopo, ciascuna delle 86 diocesi del Paese ha il compito istituire un Ufficio per la formazione dei migranti, in collaborazione con la Commissione per la pastorale dei migranti e degli itineranti (Ecmi) della Conferenza episcopale (Cbcp).

(Ha collaborato Santhosh Digal).