Pasqua e l’inferno del Sabato santo
di Bernardo Cervellera

L’inferno non è abitato da diavoli, forconi e fiamme eterne: è un luogo lugubre, senza colore, grigio; una specie di paesaggio lunare senza moto, né luce. È il luogo che Cristo visita, portando il suo corpo martoriato per amore come segno dell’amore estremo di Dio verso le ombre inaridite che gli hanno detto di no. L’inferno in occidente ha il carattere dell’indifferenza. L’inferno in Asia è l’immobilità di situazione dolorose che non trovano soluzioni per la cattiveria dei potenti e degli uomini. In Iraq e in Cina, i segni della compassione e della preghiera sono annuncio di resurrezione.


Roma (AsiaNews) - Nella liturgia cattolica, fa parte del mistero pasquale il silenzio del Sabato santo. Molti commentatori e teologi si sono soffermati e spiegano il sangue versato del Venerdì Santo, o la luce sfolgorante del mattino di Pasqua. Ma questo periodo di silenzio, di buio, di attesa ha ricevuto poca attenzione. Eppure il Credo dei cristiani afferma che Gesù, nel Sabato santo, prima di risorgere, “discese agli inferi”.

A mia conoscenza, solo il grande teologo Hans Urs von Balthasar, sollecitato dalle visioni mistiche di Adrienne Von Speyr, ha dedicato tempo e studio a questo mistero. Anzitutto su questi “inferi”. L’inferno descritto dalla Von Speyr non è abitato da diavoli, forconi e fiamme eterne: è anzi un luogo lugubre, senza colore, grigio; una specie di paesaggio lunare senza moto, né luce. E si comprende: il luogo del “no” a Dio significa che anche la vitalità della creazione – con le sue multiformi sfaccettature – si è spenta; al suo posto vi è una vita che è simile all’immobilità della morte, senza il guizzo di un sentimento, senza il sussulto di una sorpresa: un’eterna caligine senza senso. Proprio questo inferno è il luogo che Cristo viene a visitare dopo la sua morte, portando con sé il suo corpo martoriato per amore, le sue piaghe frutto di una violenza perdonata, per offrire a coloro che hanno rifiutato Dio in terra, il suo gesto di amore ultimo, fino alla fine, perché il mondo delle ombre inaridite riconosca che Verità e Amore di Dio sono il senso della vita e della morte.

Nel silenzio e nell’apparente immobilità del Sabato santo, vi è una lotta fra il Cristo amante e la grigia disperazione, che il Signore vince il mattino di Pasqua, facendo tornare il flusso della vita dove vi era stanchezza e abbandono.

Il mistero del Sabato santo è molto eloquente, anzi è forse il mistero più calzante per il mondo di oggi.

Nel mondo occidentale, che cerca di dire “no” a Dio, è presente un inferno già sulla terra: per quanto ci si possa circondare di luci, droghe, colori, risate vuote, si moltiplicano i segni di distruzione: il cantante che si suicida al vertice del suo successo; i giovani che si gettano via; i cosiddetti “amori” che finiscono in divisione e tragedia. Fa parte di questo inferno l’indifferenza verso l’altro, il vicino e il lontano perché il grigiore della disperazione fa vedere solo se stessi e non prova compassione per nessuno.

Se guardiamo all’Asia, il Sabato santo è questo luogo “di mezzo”, in cui ogni soluzione tarda a venire. In Cina, ad esempio, non ci sono martiri del sangue, ma la persecuzione è fatta di isolamento, di controllo soffocante, di divieti, di proibizione a parlare di Dio ai giovani. E questo anche se si applaude ai famosi e “imminenti” dialoghi fra Pechino e il Vaticano, che imminenti non sono: tutto sembra immobile e al limite della morte.

In Iraq, dopo la vittoria sull’Isis a Mosul, molti profughi non riescono ancora a ritornare alle loro case a causa delle distruzioni, delle mine, dell’insicurezza, mentre i gruppi etnici-politici cercano di rafforzarsi l’uno contro l’altro. Anche qui l’inferno dell’indifferenza non lascia alcuna luce di speranza.

Eppure, nel silenzio del Sabato santo, qualcosa, anzi Qualcuno si muove, e viene a visitare il nostro inferno. La nostra campagna “Adotta un cristiano di Mosul”, che continuiamo a tenere attiva, portando cibi, vestiti, riscaldamento a migliaia di profughi, non sono certo la soluzione definitiva ai problemi dell’Iraq, ma hanno la forza disarmata e potente delle piaghe amorose che Cristo presenta alle ombre disperate. Allo stesso modo in Cina, il ricordo delle sofferenze dei vescovi sequestrati, dei fedeli impossibilitati a riunirsi, gli aiuti allo studio di seminaristi e laici, sono un segno che anche nell’inferno vi è un rigagnolo di acqua viva che porta sollievo.

Potremmo elencare altri esempi per l'India, per la penisola coreana, per la Terrasanta. In ogni caso, la vittoria di Cristo, conquistata nell’inferno, ci assicura che Dio è all’opera anche nell’apparente immobilità. E noi, nella nostra piccolezza, con la compassione e la preghiera, possiamo essere segni della risurrezione. Buona Pasqua.