Rakhine, i militanti Rohingya negano i massacri degli indù: ‘Noi colpevolizzati’

L’Arsa smentisce “ omicidi, violenze sessuali o reclutamenti forzati”. Gli abitanti del villaggio indù di Ye Baw Kya raccontano che le vittime sono oltre 100, i dispersi 48. Donne forzate alla conversione e al matrimonio. Oltre 400 villaggi Rohingya dati alle fiamme, il governo del Myanmar sovrintenderà la ricostruzione. Rilasciati ai rappresentanti delle agenzie dell’Onu i permessi per visitare il Rakhine.


Yangon (AsiaNews/Agenzie) – I militanti islamici dell’Arakan Rohingya Salvation Army (Arsa) dichiarano di non essere responsabili per il massacro degli abitanti dei villaggi indù, respingendo le accuse mosse dall’esercito birmano. Intanto però, accompagnate dai militari, troupes di giornalisti hanno potuto visitare ieri il villaggio indù di Ye Baw Kya,  nei pressi di Kha Maung Seik (Rakhine settentrionale), dove tra il 24 e il 25 settembre scorsi sono state rivenute due fosse comuni contenenti 45 corpi.

Nella sua prima dichiarazione ufficiale a tal riguardo, l’Arsa nega “categoricamente” che i suoi militanti “abbiano commesso omicidi, violenze sessuali o reclutamenti forzati” nell’area interessata dal conflitto. Nel comunicato rilasciato su Twitter, i guerriglieri invitano inoltre l’esercito a smettere di “colpevolizzare le vittime”.

Gli abitanti del villaggio di Ye Baw Kya raccontano tuttavia di esser stati aggrediti dai militanti. Armati di machete e bastoni, essi hanno attaccato la loro comunità, uccidendo in maniera indiscriminata e gettando i corpi delle vittime nelle fosse scavate sul momento. Testimoni riferiscono che le vittime dei militanti islamici sono oltre 100, mentre il personale di sicurezza birmano è impegnato nelle ricerche di altri 48 residenti.

Ni Maul, leader indù impegnato nelle indagini con le autorità, riferisce che il ritrovamento delle fosse comuni è stato possibile grazie alle testimonianze di otto donne del villaggio, che sono state risparmiate e portate in Bangladesh dai guerriglieri, dopo aver accettato di convertirsi all’islam. “Hanno tenuto in vita le otto donne più belle per sposarle”, afferma. Quattro di esse raccontano che, trascinate negli accampamenti Rohingya insieme ad otto dei loro bambini, hanno acconsentito al matrimonio per salvarsi la vita.

Le forze armate denunciano che l’Arsa usa la “tattica della terra bruciata” sia contro i Rohinghya, sia contro gli altri gruppi etnici, per diffondere la paura e alimentare l’odio contro lo Stato. Il governo del Myanmar ha annunciato ieri che sovrintenderà la ricostruzione dei villaggi distrutti dalle fiamme. Usando immagini satellitari, gli attivisti per i diritti umani riportano che sono oltre 400 i villaggi Rohingya interessati dagli incendi.

Per la prima volta dall’inizio delle ultime violenze, da domani le autorità birmane rilasceranno i permessi ai rappresentanti delle agenzie dell’Onu per visitare il Rakhine. Citando fonti Onu, la Bbc afferma che nelle ultime ore Naypyidaw ha cancellato la visita organizzata  senza fornire motivazioni, ma mancano ancora conferme ufficiali. L’Onu ha elaborato un piano di emergenza per fornire aiuti alimentari ad oltre 700mila profughi Rohingya, a fronte di oltre 480mila che si sono già riversati in Bangladesh.