Ranchi: in 5mila manifestano contro la legge anti-conversione e per le terre
di Nirmala Carvalho

Cattolici, indù, sikh e musulmani hanno dimostrato contro il Jharkhand Freedom Religious Bill 2017 e gli emendamenti Land Acquisition Act 2013, la normativa che tutelava le terre dei tribali. Ora questi terreni verranno svenduti al miglior offerente. La legge anti-conversione “usata per distogliere l’attenzione” dai risvolti economici.


Ranchi (AsiaNews) – Circa 5mila fedeli di varie confessioni si sono radunati a Ranchi per protestare contro la legge anti-conversione approvata dall’Assemblea statale del Jharkhand e gli emendamenti alla legge sulle terre, con cui il governo locale vuole svendere le proprietà dei tribali al miglior offerente. Alla manifestazione ha partecipato p. Michael Kerketta, teologo gesuita, che ad AsiaNews afferma: “Membri di varie comunità religiose hanno espresso il loro dissenso in maniera pacifica. Cattolici, indù, sikh e musulmani hanno dimostrato insieme contro il Jharkhand Freedom Religious Bill 2017 che colpisce in maniera diretta le minoranze religiose. Siamo uniti contro le forze divisive di questo Paese. Di fatto, le leggi anti-conversione sono strumenti per restringere la libertà religiosa”.

La manifestazione si è svolta il 23 settembre. Vi hanno partecipato 22 organizzazioni sociali e civili. Tra coloro che hanno parlato sul palco, diversi esponenti delle opposizioni e un vescovo protestante. Nessun prelato cattolico è intervenuto alla manifestazione, con ogni probabilità per evitare di esacerbare un clima già teso.

P. Amrit Tirkey, tra gli organizzatori, sostiene che la popolazione “deve prendere coscienza di quanto sta avvenendo nella società e che divide tutti noi”. Il gesuita ribadisce che i dimostranti hanno voluto marciare insieme per farsi vedere “uniti contro le forze che vogliono dividerci”.

I partecipanti si oppongono alla legge anti-conversione approvata ad agosto dalle autorità statali. Essa prevede il carcere fino a tre anni e il pagamento di una multa di 5mila rupie [600 euro, ndr] per chiunque venga colto in fragranza di reato, cioè nel tentativo di convertire con la forza o con allettamenti materiali. Contro la normativa si è esposto subito il card. Telesphore Toppo, arcivescovo di Ranchi, che ad AsiaNews aveva affermato: “Le conversioni forzate non esistono. Noi siamo gente libera, con una volontà libera e una libera coscienza e intelligenza”.

Ma proprio per il fatto di aver parlato in pubblico contro la legge, il porporato è stato oggetto di vessazione da parte dei nazionalisti radicali indù del Jharkhand, che hanno fatto circolare delle foto che lo ritraggono in fiamme su un manichino. Mentre denunciava l’accaduto con una lettera-appello rivolta al premier Narendra Modi, mons. Theodore Mascarenhas, segretario generale della Conferenza episcopale indiana (Cbci), metteva in luce un aspetto preoccupante: il fatto che la legge anti-conversione sia stata approvata per distogliere l’attenzione da un’altra legge emanata ad agosto, gli emendamenti al Land Acquisition Act 2013, la normativa che tutelava le terre dei tribali.

L’opinione di mons. Mascarenhas è condivisa da p. Kerketta, che spiega: “Le modifiche alla legge sono state votate il 12 agosto. L’Assemblea statale ha acconsentito alla cessione allo Stato di appezzamenti di terreno da usare in progetti come scuole, università e ospedali. La versione originale del 2013 prevedeva che prima di poter acquisire un terreno, dovesse essere effettuata una valutazione ‘d’impatto sociale’ e fosse necessario il via libera del consiglio del villaggio. Gli emendamenti invece hanno cancellato queste previsioni”. Secondo il teologo gesuita, “la nuova legge sulle terre vuole dividere la popolazione tribale lungo linee religiose, sull’esempio del ‘divide et impera’. In questo modo le proprietà verrebbero espropriate ai tribali e cedute ai grandi gruppi aziendali. Tutto questo, è ovvio, va a danno dei tribali”.