A processo Lee Ming-cheh, l’attivista taiwanese arrestato in Cina

Lee condivideva le “esperienze democratiche” di Taiwan con gruppi della società civile in Cina. È rimasto per 170 giorni in isolamento nelle mani della polizia. La moglie ha lanciato una campagna internazionale per il suo rilascio.


Pechino (AsiaNews/Agenzie) - Lee Ming-cheh, attivista taiwanese per i diritti umani, arrestato in Cina, subirà presto un processo. Lo ha detto ai media la moglie Lee Ching-yu, spiegando di aver ricevuto una telefonata da un uomo che si è auto-definito “l’avvocato di Lee”, con cui confermava che il processo era “imminente”.

Lee Ming-cheh, 42 anni, è membro di una ong che lavora per la democrazia. Lo scorso 19 marzo è scomparso mentre entrava da Macao in Cina, attraverso Zhuhai. Per oltre 170 giorni la Cina non ha mai voluto dire dove egli si trovasse e per lungo tempo anche sua moglie pensava fosse disperso.

Lo scorso aprile Lee Ching-yu ha cercato di entrare in Cina per recuperare suo marito, ma le autorità cinesi le hanno revocato il permesso di entrata nel Paese.

La signora Lee ha lanciato una campagna internazionale per la liberazione di suo marito. Lo scorso maggio ella ha testimoniato al Congresso Usa sulla detenzione di attivisti in Cina e questo mese è pronta per andare a Ginevra alla Commissione Onu per i diritti umani.

Con ogni probabilità il marito sarà imprigionato per un certo tempo, oppure sarà rilasciato dopo “aver confessato” i suoi “crimini”.

Lee Ming-cheh è stato spesso in contatto con gruppi della società civile in Cina e via online ha condiviso con loro le “esperienze democratiche” a Taiwan, spedendo ad essi diversi libri.

Molti cinesi della Repubblica popolare considerano la democrazia a Taiwan la vera erede dei movimenti rivoluzionari dell’inizio del ‘900, che domandavano “scienza e democrazia”, traditi poi dal Partito comunista cinese e da Mao Zedong.