Pyongyang ordina: "Basta aiuti, fuori dal Paese gli operatori umanitari"

Entro la fine dell'anno il regime stalinista ordina la cacciata di Ong e Fao dal Paese . Gli aiuti internazionali dovranno arrivare ad organizzazioni nazionali e divenire non cibo ma piani di sviluppo interno.


Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La Corea del Nord ha ordinato a tutte le agenzie che le forniscono aiuti umanitari, inclusa la Fao (organo delle Nazioni Unite che si occupa della situazione alimentare nel mondo), di interrompere la fornitura di cibo e di allontanare tutti i lavoratori stranieri dal Paese entro la fine dell'anno.

Pyongyang desidera che il lavoro degli agenti internazionali sia svolto con i soldi della comunità internazionale, ma da team composti da nord-coreani. Secondo gli addetti ai lavori la mossa è "un potenziale balzo all'indietro di 10 anni". Richard Ragan, direttore del programma Fao in Corea del Nord, dice: "C'è sempre la possibilità di una nostra cacciata da qui, ma sono ottimista e spero di non dover chiudere".

Il regime vuole anche che i programmi di emergenza alimentare attualmente in funzione siano modificati in piani di sviluppo interno a lungo termine, scatenando una tempesta di controversie sul ruolo delle organizzazioni umanitarie straniere che operano nel paese.

La nuova destinazione degli aiuti umanitari è politicamente un argomento esplosivo. Donatori come gli Stati Uniti ed il Giappone, che forniscono gran parte degli aiuti alimentari alla popolazione nord-coreana, vogliono evitare di sponsorizzare economicamente dei piani di sviluppo che potrebbero servire a migliorare la posizione di Kim Jong Il, dittatore di quello che il presidente americano Bush definisce "uno Stato canaglia".

Secondo alcuni esperti l'ultimatum nasce dal miglioramento delle relazioni bilaterali fra Nord e Sud Corea. Seoul dona al regime 100 mila tonnellate di riso ogni anno tramite il programma Fao, ma potrebbe farlo anche in forma "privata" senza passare per il controllo internazionale richiesto ai donatori delle Nazioni Unite. Sempre secondo gli stessi esperti, al regime non piace avere lavoratori stranieri che girano per il Paese e vorrebbero "maggior controllo".

Gli operatori di queste organizzazioni si definiscono "sconvolti" dall'ultimatum: vi erano state vaghe minacce in passato di allontanare gli operatori umanitari, ma il fatto che quest'ultimo documento contenga una data precisa fa pensare che la minaccia sia reale.  

Al momento operano in Corea del Nord 12 Organizzazioni non governative e non legate ad alcun programma delle Nazioni Unite, fra cui Save the Children, Handicap International e Premiere Urgence. "Non è possibile delegare il nostro operato ad operatori nazionali – dice Padraig O'Rourke, dirigente della Ong irlandese Concern – ma rimaniamo fiduciosi che il regime capisca che i donatori smetteranno di dare fondi ad entità che non hanno alcun controllo da parte della comunità internazionale".