I Patriarchi di Siria chiedono di cancellare le sanzioni: Colpiscono solo la popolazione

Giovanni X Yazigi, Gregorio III Laham e mar Ignatius Aphrem II si rivolgono alla comunità internazionale, perché si fermi “l’assedio” al popolo siriano. Le sanzioni rafforzano il clima di isolamento del Paese e colpiscono i più poveri. La Turchia prosegue l’offensiva contro Stato islamico e Ygp. Ad Hassaké tregua fra governativi e milizie curde. 


Damasco (AsiaNews) - Cancellare le sanzioni internazionali che "ostacolano l’ingresso e la distribuzione di cibo e di aiuti", “fermare l’assedio al popolo siriano” e permettere al Paese e ai suoi cittadini di “vivere in modo dignitoso”, godendo dei “diritti di base come nel resto del mondo”. È questo l’appello lanciato da tre patriarchi cristiani di Damasco alla comunità internazionale e a tutte le nazioni - e le potenze - coinvolte nel conflitto in Siria. Una guerra che, in cinque anni, ha già causato almeno 290mila morti e milioni di sfollati, generando una tragedia umanitaria di enormi proporzioni. 

L’appello, inviato per conoscenza ad AsiaNews, è firmato da Giovanni X Yazigi, patriarca della chiesa greco-ortodossa di Antiochia, Gregorio III Laham, patriarca cattolico greco-melchita e mar Ignatius Aphrem II, patriarca siro-ortodosso. Nella lettera i leader cristiani ricordano che “sin dall’inizio della crisi in Siria, nel 2011, l’impatto delle sanzioni economiche e finanziarie” si è fatto sempre più significativo “sulla vita quotidiana dei cittadini”. 

Le sanzioni, scrivono i patriarchi, “acuiscono le sofferenze del popolo siriano” e rappresentano “un ulteriore aspetto della crisi” perché “accrescono la pressione [del conflitto] sui singoli individui, le istituzioni, le compagnie e, di conseguenza, sull’intera popolazione”. 

La mancanza di “nuovi investimenti” e il “bando ai voli internazionali” sulla Siria, così come “le restrizioni sulle importazioni” e la black-list di aziende siriane che non possono operare a livello internazionale rafforzano il clima di “isolamento” che si respira in Siria. Inoltre, proseguono i patriarchi, la chiusura di mote ambasciate occidentali e il ritiro del personale diplomatico “limitano le relazioni” e “l’interazione con l’estero”. 

E ancora, il divieto di operazioni bancarie internazionali - aggiungono - mette “le persone in una condizione di grave crisi finanziaria. Si impoveriscono i cittadini, minacciando di levare loro anche il pane quotidiano, privandoli della dignità umana”. E la naturale conseguenza “è l’aumento dei prezzi per i generi di prima necessità”, il crollo del potere di acquisto della valuta locale e l’emergere di “nuovi problemi” sul piano sociale. 

Anche se lo scopo delle sanzioni “è di tipo politico”, avvertono i patriarchi, a subirne le conseguenze “è l’intero popolo siriano”, in particolare “i poveri e i lavoratori delle classi più umili”. A fronte della “determinazione” della gente, la realtà “peggiora” sempre più e le sofferenze sono “in continua crescita”. Per questo “noi patriarchi residenti a Damasco, che sentiamo con chiarezza le sofferenze della popolazione […] chiediamo con forza la rimozione delle sanzioni” nella speranza che vengano prese “misure straordinarie” basate sulla Carta dei diritti umani e sugli altri trattati internazionali. 

A conclusione dell’appello, i tre patriarchi sottolineano che le sanzioni favoriscono solo le mire di “gruppi che non vogliono il bene comune del Paese”; di contro, la loro cancellazione “aiuterebbe il lavoro delle organizzazioni ecclesiali e umanitarie attive sul territorio nel portare aiuti e distribuire cibo e medicinali”. 

Intanto sul fronte del conflitto prosegue l’offensiva lanciata dalla Turchia in territorio siriano contro obiettivi dello Stato islamico (SI) e milizie curde Ygp (Unità di Protezione Popolare). Epicentro delle operazioni è la cittadina siriana di Jarabulus, situata nei pressi del confine turco e da tempo nelle mani dei jihadisti. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan conferma il pieno sostegno alla campagna militare che intende colpire “Daesh e Ygp”, gruppi considerati "entrambi terroristi” da Ankara. 

Si profila una tregua, invece, fra esercito siriano e combattenti curdi ad Hassaké, nel nord-est del Paese, teatro da giorni di scontri fra i due fronti per il controllo dell’area. L’accordo prevede “un cessate il fuoco e il ritiro di tutte le forze armate dalla città”. A questo si aggiungono lo scambio di prigionieri e feriti e la riapertura di tutte le strade, chiuse al traffico durante i combattimenti.