Papa: “Dio ci salva facendosi piccolo, vicino e concreto”

Francesco a Jasna Gora per celebrare i 1050 anni del “Battesimo” della Polonia. “Essere attratti dalla potenza, dalla grandezza e dalla visibilità è tragicamente umano, ed è una grande tentazione che cerca di insinuarsi ovunque; donarsi agli altri, azzerando le distanze, dimorando nella piccolezza e abitando concretamente la quotidianità, questo è squisitamente divino”.

 


Czestochowa (AsiaNews) – “Dio ci salva facendosi piccolo, vicino e concreto”, come è stato storicamente per la Polonia che nei 1050 anni trascorsi dal suo “battesimo”, “ha superato, nell’unità, tanti momenti duri”, accompagnato dalla Vergine di Jasna Gora. Ci sono centinaia di migliaia di persone nella grande spianata davanti al monastero che conserva l’icona della Madonna nera, dove papa Francesco è arrivato verso le 9.30 (ora locale) per celebrare la messa per l’anniversario del “Battesimo”.

Jasna Gora per la Polonia non è solo il centro del culto mariano, luogo ove si recavano, dopo l’incoronazione, i re polacchi e dove oggi vanno ogni anno oltre quattro milioni di pellegrini. E’ la fortezza contro le cui mura si infranse, nel 1655, l’invasione degli svedesi (“le cavallette”, nella tradizione popolare) e, nei decenni successivi, furono fermati gli eserciti russo e austriaco. E la Madonna Nera è l’icona, si dice dipinta da san Luca, della quale l’allora primate card. Stefan Wyszyński promosse, nel 1956, un “pellegrinaggio” in tutte le diocesi polacche, fermato dalle preoccupatissime autorità comuniste, “arrestando” l’immagine. Alla “Regina di Polonia” Paolo VI tentò inutilmente di offrire  una rosa d’oro – il governo gli negò l’ingresso – che Giovanni Paolo II le portò, insieme alla fascia, intrisa del suo sangue, che indossava il 13 maggio 1981, quando fu ferito da Ali Agca.

Ecco perché oggi, a concelebrare con Francesco, ci sono tutti i vescovi della Polonia e migliaia di sacerdoti e sono presenti le autorità del Paese, a partire dal presidente Andrzej Duda.

Giunto a Czestochowa in auto – il previsto trasferimento in elicottero è stato impedito dalla nebbia - Francesco si è recato al monastero e lì nella cappella che conserva la Madonna Nera alla quale ha portato una rosa d’oro e davanti alla quale si è raccolto in preghiera.

Uscito sulla terrazza del santuario, il Papa - che è inciampato sulle scale davanti  all’altare - durante la messa, ha centrato l’omelia sulla salvezza che “attraversa delicatamente la storia” e “contrariamente a quanto ci aspetteremmo e magari vorremmo, il Regno di Dio, ora come allora, «non viene in modo da attirare l’attenzione» (Lc 17,20), ma viene nella piccolezza, nell’umiltà.

“Così avviene «l’inizio dei segni compiuti da Gesù» (v. 11) a Cana di Galilea. Non c’è un gesto eclatante compiuto davanti alla folla, nemmeno un intervento che risolve una questione politica scottante, come la sottomissione del popolo al dominio romano. Avviene invece, in un piccolo villaggio, un miracolo semplice, che rallegra lo sposalizio di una giovane famiglia, del tutto anonima. Eppure, l’acqua cambiata in vino alla festa di nozze è un grande segno, perché ci rivela il volto sponsale di Dio, di un Dio che si mette a tavola con noi, che sogna e compie la comunione con noi. Ci dice che il Signore non mantiene le distanze, ma è vicino e concreto, sta in mezzo a noi e si prende cura di noi, senza decidere al posto nostro e senza occuparsi di questioni di potere. Predilige infatti farsi contenere in ciò che è piccolo, al contrario dell’uomo, che tende a voler possedere qualcosa di sempre più grande. Essere attratti dalla potenza, dalla grandezza e dalla visibilità è tragicamente umano, ed è una grande tentazione che cerca di insinuarsi ovunque; donarsi agli altri, azzerando le distanze, dimorando nella piccolezza e abitando concretamente la quotidianità, questo è squisitamente divino”.

“Dio ci salva dunque facendosi piccolo, vicino e concreto. Anzitutto, Dio si fa piccolo. Il Signore, «mite e umile di cuore» (Mt 11,29), preferisce i piccoli, ai quali è rivelato il Regno di Dio (Mt 11,25); essi sono grandi ai suoi occhi e su di loro volge lo sguardo (cfr Is 66,2). Li predilige, perché si oppongono alla «superbia della vita», che viene dal mondo (cfr 1 Gv 2,16). I piccoli parlano la sua stessa lingua: l’amore umile che rende liberi. Perciò chiama persone semplici e disponibili a essere suoi portavoce, e a loro affida la rivelazione del suo nome e i segreti del suo Cuore. Pensiamo a tanti figli e figlie del vostro popolo: ai martiri, che hanno fatto risplendere la forza inerme del Vangelo; alle persone semplici eppure straordinarie che hanno saputo testimoniare l’amore del Signore in mezzo a grandi prove; agli annunciatori miti e forti della Misericordia, come san Giovanni Paolo II e santa Faustina. Tramite questi ‘canali’ del suo amore, il Signore ha fatto giungere doni inestimabili a tutta la Chiesa e all’intera umanità. Ed è significativo che questo anniversario del Battesimo del vostro popolo venga a coincidere proprio con il Giubileo della Misericordia”.

“Inoltre, Dio è vicino, il suo Regno è vicino (cfr Mc 1,15): il Signore non desidera essere temuto come un sovrano potente e distante, non vuole restare su un trono in cielo o nei libri di storia, ma ama calarsi nelle nostre vicende di ogni giorno, per camminare con noi. Pensando al dono di un millennio abbondante di fede, è bello anzitutto ringraziare Dio, che ha camminato con il vostro popolo, prendendolo per mano e accompagnandolo in tante situazioni. È quello che, anche come Chiesa, siamo chiamati sempre a fare: ascoltare, coinvolgerci e farci prossimi, condividendo le gioie e le fatiche della gente, così che il Vangelo passi nel modo più coerente e che porta maggior frutto: per positiva irradiazione, attraverso la trasparenza della vita. Infine, Dio è concreto. Dalle Letture di oggi emerge che tutto, nell’agire di Dio, è concreto: la Sapienza divina «opera come artefice» e «gioca» (cfr Prv 8,30), il Verbo si fa carne, nasce da una madre, nasce sotto la legge (cfr Gal 4,4), ha degli amici e partecipa a una festa: l’eterno si comunica trascorrendo il tempo con persone e in situazioni concrete. Anche la vostra storia, impastata di Vangelo, Croce e fedeltà alla Chiesa, ha visto il positivo contagio di una fede genuina, trasmessa di famiglia in famiglia, di padre in figlio, e soprattutto dalle mamme e dalle nonne, che bisogna tanto ringraziare. In particolare, avete potuto toccare con mano la tenerezza concreta e provvidente della Madre di tutti, che sono venuto qui a venerare come pellegrino e che abbiamo salutato nel Salmo come «onore della nostra gente» (Gdt 15,9)”.

“A Cana come qui a Jasna Góra, Maria ci offre la sua vicinanza, e ci aiuta a scoprire ciò che manca alla pienezza della vita. Ora come allora, lo fa con premura di Madre, con la presenza e il buon consiglio, insegnandoci a evitare decisionismi e mormorazioni nelle nostre comunità. Quale Madre di famiglia, ci vuole custodire insieme. Il cammino del vostro popolo ha superato, nell’unità, tanti momenti duri; la Madre, forte ai piedi della croce e perseverante nella preghiera con i discepoli in attesa dello Spirito Santo, infonda il desiderio di andare oltre i torti e le ferite del passato, e di creare comunione con tutti, senza mai cedere alla tentazione di isolarsi e di imporsi. La Madonna, a Cana, ha mostrato tanta concretezza: è una Madre che si prende a cuore i problemi e interviene, che sa cogliere i momenti difficili e provvedervi con discrezione, efficacia e determinazione. Non è padrona né protagonista, ma Madre e serva. Chiediamo la grazia di fare nostra la sua sensibilità, la sua fantasia nel servire chi è nel bisogno, la bellezza di spendere la vita per gli altri, senza preferenze e distinzioni. Ella, causa della nostra gioia, che porta la pace in mezzo all’abbondanza del peccato e ai subbugli della storia, ci ottenga la sovrabbondanza dello Spirito, per essere servi buoni e fedeli”. (FP)