Il Patriarcato di Mosca licenzia Serghei Chapnin, il direttore della sua rivista
Il giornalista era da tempo apertamente critico dei vertici della Chiesa russa e del loro eccessivo legame con il Cremlino. La creazione di una "nuova religione ibrida", un mix di tradizioni ortodosse e di nostalgia per il passato sovietico. Un suo rapporto al Carnegie Center di Mosca, in cui parla di “nuovo silenzio” per descrivere la condizione in cui vive il clero ortodosso oggi, avrebbe fatto traboccare il vaso.

Mosca (AsiaNews) - Il direttore della "Rivista del Patriarcato di Mosca", il mensile che racconta la vita pastorale della Chiesa e rilancia gli interventi dei vertici ecclesiastici, Serghei Chapnin (v. foto) è stato sollevato dal suo incaricato, probabilmente per le sue posizioni apertamente critiche della situazione all’interno della Chiesa ortodossa russa (qui una sua intervista con AsiaNews). La notizia si è diffusa ieri 18 dicembre e ha sollevato diverse critiche in rete, dove è molto attivo lo stesso Chapnin, il quale si è limitato a ringraziare tutti per il sostegno dimostrato. L’ormai ex direttore ha annunciato al sito Colta.ru che commenterà quanto accaduto solo il 21 dicembre.

I siti di informazione russi collegano il licenziamento di Chapnin (ai vertici del giornale del Patriarcato dal 2009) a una serie di sue recenti uscite pubbliche molto critiche verso i vertici del Patriarcato. La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso è stata la sua relazione sullo stato attuale della Chiesa russa, esposta neppure 10 giorni fa  nella sede dell’autorevole Centro Carnegie di Mosca. La posizione del Patriarcato riguardo il licenziamento non è ancora stata espressa.

Classe 1968, Chapnin è da tempo un acuto osservatore della Chiesa russa e del suo rapporto con la società. La relazione letta al Carnegie si intitola “L’ortodossia nello spazio pubblico: guerra e violenza, eroi e santi” e lo stesso Chapnin ne ha poi pubblicato la versione integrale sul suo sito. Il tema centrale è il concetto di “nuovo silenzio”, coniato dal giornalista per riassumere la condizione in cui versa la Chiesa russa. “Nello spazio pubblico risuona di fatto una sola voce, quella del patriarca Kirill”, scrive Chapnin,  notando che “tutti gli altri per lo più tacciono, non si permettono dichiarazioni dettagliate, solo brevi commenti”. “Si tratta senza dubbio di un nuovo stile che illustra in modo chiaro l’importanza crescente del dominio gerarchico nella vita della Chiesa. - spiega - Più precisamente il concetto della gerarchia come controllo esclusivo del Patriarca”. 

Il giornalista critica poi il “giovane episcopato” ordinato sotto Kirill e che “in cinque o sei anni non ha detto nulla”. “La domanda sorge spontanea - continua la relazione - perché i giovani vescovi non parlano, non vogliono, non sono in grado o hanno paura?”. “Questo silenzio è una pausa alla vigilia di grandi cambiamenti o il desiderio di uscire dallo spazio pubblico? A oggi queste domande rimangono aperte”. 

Chapnin fa anche riferimento diretto al rapporto della Chiesa con il potere e la società, invitando a una “seria riforma” della Chiesa che si adatti ai nuovi tempi, pena la sua marginalizzazione. A suo dire, la società mostra segnali forti di insoddisfazione verso la Chiesa, che anche se per tradizione “è e sarà la Chiesa dell’Impero” strettamente legata allo Stato, allo stesso tempo deve provare a “diventare una istituzione autorevole della società civile” e nei rapporti con il potere temporale “almeno mantenere le distanze, non identificandosi con esso, non prendendo troppi soldi, non servendo le sue esigenze ideologiche”. 

Attacca poi la tendenza “ad accoppiare gli eroi della guerra con quelli della tradizione ortodossa”, promossa sia da certi media che dal ministro della Cultura Medinsky e mette in guardia sulla “formazione di una nuova religione ibrida”, nella quale anche esponenti della Chiesa, oltre che quelli della politica, usano le parole “sacro” e “santo” con un’accezione completamente terrena, "dimenticando completamente il loro rimando a Dio". “Io la chiamo la religione post-sovietica civile, che incorpora sia le tradizioni ortodosse che la nostalgia per il passato sovietico e il sogno di un impero forte”.

Conclude poi con un passaggio al teppismo religioso promosso da alcuni gruppi di fanatici ortodossi, mai pubblicamente condannati dal Patriarcato, come il giovane attivista Enteo responsabile, col suo gruppo “Volontà di Dio”, di alcuni attacchi a musei ed eventi culturali giudicati “offensivi del sentimento religioso”. A suo dire, la Chiesa indulge nella giustificazione divina della violenza commessa dai giovani. “Con questo teppismo Enteo e i suoi soci hanno rivelato il grave problema della Chiesa russa - denuncia Chapnin -, hanno reso chiaro ed evidente che le persone di Chiesa sono divise in due campi” in cui uno è quello degli ortodossi che “sono in sintonia con l’uso della violenza in nome di obiettivi politici ed economici”. “La violenza è diventata per un gruppo significativo del clero e dei laici un atto cristiano accettato e qualificato”. “Questi attivisti ortodossi invece di essere condannati dall’opinione pubblica ecclesiastica ,in realtà diventano eroi”. “Se la propensione alla violenza e alla sua giustificazione sarà una caratteristica dell’ortodossia moderna rimane una domanda aperta. La tentazione è grande”, conclude il rapporto.  

Su Facebook sono subito apparsi diversi commenti alla notizia del licenziamento di Chapnin; come quello di una donna che fa notare come la partecipazione di un sacerdote a un noto talent show (‘Voce’) è permesso dal Patriarcato, mentre leggere una relazione sul “cristianesimo e lo spazio pubblico” al Carnegie è vietato. “Che contrasto: ‘Voce’ e ‘silenzio’ ”, scrive la donna. (M.A.)