Australia e Danimarca nella “Super Banca” di Pechino, gli Usa sempre più soli
Attesa a breve la decisione dell’Olanda e quella di Hong Kong. Gli Stati membri dell’Asian Infrastructure Investment Bank si avvicinano a superare le 40 unità. Mosca sembra volerne restare fuori, ma più per motivi economici che geopolitici. Il 31 marzo scade il termine ultimo per presentare le candidature.

Pechino (AsiaNews) – Australia e Danimarca hanno annunciato di voler entrare nella “Super Banca” asiatica guidata dalla Cina, lasciando gli Stati Uniti e il Giappone sempre più isolati in quella che sembra essere una vera e propria ridefinizione della finanza internazionale. I due Paesi, per tradizione alleati di Washington, entreranno come membri fondatori il prossimo 12 e 13 aprile. La loro richiesta è al vaglio degli oltre 35 Stati che hanno già aderito all’iniziativa.

Lanciata da Pechino nel maggio del 2014, l'Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib) vuole divenire l’hub finanziario per eccellenza dei governi continentali. In questo modo, spiegano gli analisti, si vogliono estromettere dall’area la Banca mondiale, per tradizione in mano statunitense; l’Asian Development Bank, con base a Manila ma controllata dal Giappone; il Fondo monetario internazionale appannaggio dell’Europa.

In pratica, il governo cinese propone prestiti ai governi asiatici a "interessi zero" senza imporre quelli che sono i canoni standard per le trattative internazionali: nessuna pressione interna, nessuna richiesta di riforme politiche o di garanzie a lungo termine. Pechino chiede sostegno nelle arene internazionali – come le Nazioni Unite, l'Asean o la Corte penale dell'Aja – per quanto riguarda le proprie questioni interne: Tibet, Xinjiang e Taiwan. Inoltre, vuole il voto favorevole in tutte le controversie che riguardano le acque e le terre contese, come quelle del Mar cinese (orientale e meridionale) e il confine con l'India.

Pechino ha stanziato una prima tranche di fondi, pari a 50 miliardi di dollari, e si è assicurata la fetta maggiore dell’azionariato a disposizione: il capitale sociale iniziale della “Super Banca” è stato infatti fissato a 100 miliardi di dollari. In questo modo ha anche la possibilità di esercitare il potere di veto che, nonostante alcune opposizioni, è per ora accettato dagli altri Stati membri. Ultimi ad aderire in ordine di tempo sono stati la Corea del Sud e il Vietnam. Già compresi vi sono Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia. L’Olanda – terzo partner commerciale della Cina – annuncerà a breve la propria decisione. Il termine ultimo per presentare le candidature è il 31 marzo 2015.

Per ora, fra gli Stati interessati, rimangono ancora fuori Hong Kong e Russia. L’ex colonia britannica, guidata dal filocinese Leung Chun-ying, sta cercando un modo per partecipare al progetto che rientri nella politica “una nazione, due sistemi”. Lo stesso Leung ha dichiarato: “La politica dei porti aperti, un sistema doganale efficiente e una vera protezione della proprietà intellettuale [tutti lasciti dell’Inghilterra ndr] fanno di Hong Kong un candidato eccellente”.

Per quanto riguarda la Russia, i problemi sembrano più di natura economica che politica. Secondo diversi esperti, Putin ha già investito molto nell’Unione economica eurasiatica – con gli Stati dell’ex Unione Sovietica – cui ha proposto anche la creazione di una valuta indipendente. Inoltre vi sono i seri problemi finanziari derivati dalle sanzioni internazionali – poste dopo la guerra di Crimea – e dal crollo del prezzo del petrolio.