Giovane donna tibetana si dà fuoco per protesta contro la repressione cinese
E' avvenuto nella provincia del Sichuan. Dal 2009 sono 135 i tibetani che si sono tolti la vita chiedendo la fine della dittatura cinese e il ritorno del Dalai Lama in Tibet.

Dharamsala (AsiaNews/Agenzie) - Una donna di 20 anni è morta dopo essersi data fuoco per "protestare contro la politica repressiva" della Cina che opprime la religione e la cultura tibetana.

Tsepe Kyi (v. foto) ha compiuto il suo gesto nel pomeriggio di ieri a Meruma, contea di Ngaba (Aba in cinese), nella regione del Sichuan. Fonti locali descrivono Tsepe come una ragazza di "buon carattere e molto onesta". Viveva con i genitori e altri sei fratelli e sorelle. Era una nomade e non aveva alcuna istruzione.

La polizia cinese ha sequestrato subito il corpo della giovane e ha interrogato i suoi parenti.

Dal 2009, sono almeno 135 i tibetani e tibetane, spesso in giovane età si sono autoimmolati per protesta contro la dittatura cinese che sta portando al genocidio tibetano.

Quella di Tsepe è la seconda nel mese di dicembre.  Lo scorso 16 dicembre, Sanghye Khar, 33 anni, si è dato fuoco davanti a una stazione della polizia ad Amchok nella contea di Sangchu (Xiahe), nella provincia cinese del Gansu.

Le autorità cinesi hanno innalzato il controllo sulle zone tibetane per prevenire le autoimmolazioni e arrestando i tibetani che promuovono questo tipo di proteste.

Coloro che si immolano chiedono il libero ritorno del Dalai Lama in Tibet.

Il Dalai Lama, il capo spirituale del buddismo tibetano, è bollato dalla Cina come un secessionista e come "un lupo travestito da agnello". Egli ha spesso domandato ai giovani di preservare la loro vita, utilizzandola per una protesta più costruttiva e meno disperata.