Apec, la Cina offre contratti e pace sui mari per cacciare gli Usa dall'Asia
Ai margini del vertice dell'Asia-Pacific Economic Cooperation in corso a Pechino, Xi Jinping stringe la mano al Giappone, elimina le tasse dalla bilancia commerciale con la Corea e promette "pace e prosperità" al Vietnam. In attesa dell'arrivo di Obama, che punta invece su un gruppo di 12 nazioni - Cina esclusa - per consolidare la posizione americana nella regione.

Pechino (AsiaNews) - Dopo aver stretto controvoglia la mano del premier Shinzo Abe, il presidente cinese Xi Jinping ha lanciato un'offensiva economica e diplomatica a tutto campo sul palcoscenico del meeting Apec in corso nella capitale cinese. Il leader comunista ha offerto una tregua al Giappone, siglato un accordo commerciale di estremo vantaggio per la Corea e teso la mano al Vietnam dopo le dispute territoriali degli ultimi mesi. Secondo diversi analisti, si tratta di una strategia tesa a eliminare, o almeno rallentare, l'avanzata degli Stati Uniti nella regione.

Per primo è venuto l'incontro con la controparte sudcoreana, la presidente Park Geun-hye: Pechino e Seoul si sono accordare per rimuovere le tariffe doganali su oltre il 90% dei beni che compongono lo scambio commerciale bilaterale. Il patto vale per i prossimi 20 anni. I due Paesi hanno iniziato a parlare di questo accordo nel maggio del 2012: le parti coinvolte sono i produttori coreani di automobili - che puntano allo sterminato mercato cinese - e gli agricoltori del Dragone, che vogliono riversare le eccedenze produttive in Corea.

Al momento la Cina è già il maggior partner commerciale della Corea del Sud: nel 2013 la bilancia commerciale ha toccato i 274 miliardi di dollari, e lo scopo dichiarato è quello di sfondare i 300 entro il prossimo anno.

Ma sul piatto offerto da Xi ai suoi ospiti non ci sono soltanto contratti commerciali. Secondo i media di Stato cinese, infatti, Pechino e Hanoi hanno raggiunto un accordo per risolvere "attraverso il dialogo" le dispute marittime che stanno dividendo le due popolazioni. Il presidente cinese ha rassicurato il vietnamita Truong Tan San: "Le due nazioni vicine devono rispettarsi in maniera reciproca e concentrarsi sugli interessi di lungo periodo".

Da parte sua, il leader vietnamita ha dichiarato che Hanoi "è pronta a discutere dei problemi sorti sui mari attraverso consultazioni amichevoli, in modo che questioni del genere non colpiscano le nostre relazioni con la Cina". Si tratta di un vero gesto di pace, considerando le altissime tensioni che hanno attraversato il Sud-Est asiatico e i suoi rapporti con Pechino.

Da tempo Vietnam e Filippine - che hanno promosso una vertenza internazionale al tribunale Onu - manifestano crescente preoccupazione per l'imperialismo di Pechino nei mari meridionale e orientale. Il governo cinese rivendica una fetta consistente di oceano, che comprende la sovranità delle Spratly e delle isole Paracel, isole contese da Vietnam, Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia (quasi l'85% dei territori).

A sostenere le rivendicazioni dei Paesi del Sud-est asiatico vi sono gli Stati Uniti, che a più riprese hanno giudicato "illegale" e "irrazionale" la cosiddetta "lingua di bue", usata da Pechino per marcare il territorio. Di recente anche i vescovi vietnamiti hanno esortato la Cina a "convertirsi alla Vergine di Fatima", per la pace "in Asia e nel mondo".

Ma Cina e Stati Uniti sono divise anche dalla visione del "nuovo ordine" asiatico. Pechino sta cercando di ottenere un accordo di libero commercio con tutti e 21 i Paesi membri dell'Apec (Usa compresi), mentre Washington spera di perfezionare il Trans Pacific Partnership, contratto economico vincolante che comprende 12 nazioni (Cina esclusa).

Oggi il presidente americano Barack Obamaè arrivato a Pechino anche per cercare di contrastare le manovre di Xi. I due leader possono contare su rapporti commerciali che valgono 562 miliardi di dollari, ma le diverse posizioni in politica estera e soprattutto il continuo appello degli Usa alla Cina perché aderisca ai trattati commerciali internazionali hanno raffreddato negli ultimi due anni la relazione bilaterale. Inoltre, come fanno notare alcuni docenti cinesi, la vittoria dei repubblicani alle elezioni di medio termine negli Usa "rendono Obama, agli occhi degli asiatici, un leader in declino".