Papa: La riconciliazione e la pace, in Corea e nel mondo, possibili solo con la conversione del cuore
di Vincenzo Faccioli Pintozzi
Alla grande messa conclusiva della sua visita apostolica in Corea del Sud, Francesco invita ancora una volta i coreani a "respingere con fermezza una mentalità fondata sul sospetto e a favorire piuttosto una cultura plasmata dall'insegnamento del Vangelo. Abbiate fiducia nella potenza della croce di Cristo!". Tutti i coreani "sono fratelli e sorelle, continuate con gli aiuti umanitari". Una preghiera a braccio per il card. Filoni, inviato in Iraq, e per tutte le minoranze che soffrono in quel Paese. Prima della messa l'incontro con una ex "comfort woman", che gli regala la spilla della sua associazione indossata dal pontefice durante tutta la messa. Ai leader delle altre religioni: "Camminiamo insieme, alla presenza di Dio".

Seoul (AsiaNews) - "Abbiate fiducia nella potenza della croce di Cristo!". È il messaggio conclusivo alla penisola coreana, che papa Francesco affida all'ultima cerimonia pubblica della sua visita apostolica nel Paese: la grande messa per la riconciliazione e la pace all'interno della cattedrale Myeongdong, a Seoul. "Il dono divino della riconciliazione, dell'unità e della pace - ha sottolineato con forza Francesco - è inseparabilmente legato alla grazia della conversione: si tratta di una trasformazione del cuore che può cambiare il corso della nostra vita e della nostra storia, come individui e come popolo".

Fra i banchi vi sono diversi gruppi che rappresentano le varie ferite aperte dell'intera penisola: rifugiati nordcoreani che ora vivono al Sud (nascosti in mezzo ai fedeli comuni per non essere riconosciuti); un gruppo di ex "comfort women"; alcuni operai licenziati dalla Ssangyong Motor; i residenti del 'villaggio della pace' di Gangjeong; coloro che si battono per la salvaguardia di Miryang e i familiari delle vittime del disastro di Yongsan. Prima di salire sull'altare, il Papa si ferma a lungo con una delle ex "schiave sessuali" vittime dell'occupazione giapponese, Kim Goon-ja, che gli regala una piccola spilla a forma di farfalla: è il simbolo del "Butterfly Fund", fondo che ha sostenuto anche economicamente per anni le donne sequestrate dai soldati nipponici. Francesco indosserà la spilla per tutta la messa.

Aprendo la sua omelia, il pontefice ha ringraziato Dio per le "molte benedizioni che ha concesso a questo amato Paese e, in maniera particolare, alla Chiesa in Corea". Tra queste, un posto particolare va alla presenza di tanti giovani pellegrini che si sono riuniti qui da tante parti dell'Asia: "Il loro amore per Gesù e il loro entusiasmo per la diffusione del suo Regno sono stati un'ispirazione per tutti".

La Messa di oggi, aggiunge subito dopo, "è soprattutto e principalmente una preghiera per la riconciliazione in questa famiglia coreana". Ma l'unità e la prosperità promesse da Dio al popolo disperso - come sentito durante la prima lettura - sono "inscindibilmente legate a un comando: tornare a Dio e obbedire con tutto il cuore alla sua legge (cfr Dt 30,2-3). Il dono divino della riconciliazione, dell'unità e della pace è inseparabilmente legato alla grazia della conversione: si tratta di una trasformazione del cuore che può cambiare il corso della nostra vita e della nostra storia, come individui e come popolo".

L'invito alla conversione è "naturalmente" pressante per la società coreana, ma "chiama anche i seguaci di Cristo in Corea ad esaminare la qualità del loro contributo alla costruzione di una società giusta e umana". "Vi chiama, come cristiani e come coreani, a respingere con fermezza una mentalità fondata sul sospetto, sul contrasto e sulla competizione, e a favorire piuttosto una cultura plasmata dall'insegnamento del Vangelo e dai più nobili valori tradizionali del popolo coreano".

Questo, riassume Francesco, "è il messaggio che vi lascio a conclusione della mia visita in Corea. Abbiate fiducia nella potenza della croce di Cristo! Accogliete la sua grazia riconciliatrice nei vostri cuori e condividetela con gli altri! Vi chiedo di portare una testimonianza convincente del messaggio riconciliatore di Cristo nelle vostre case, nelle vostre comunità e in ogni ambito della vita nazionale. Preghiamo dunque per il sorgere di nuove opportunità di dialogo, di incontro e di superamento delle differenze, per una continua generosità nel fornire assistenza umanitaria a quanti sono nel bisogno, e per un riconoscimento sempre più ampio della realtà che tutti i coreani sono fratelli e sorelle, membri di un'unica famiglia e di un unico popolo. Parlano la stessa lingua".

Un appello anche ai tanti sacerdoti coreani conosciuti durante la visita: "Vi chiedo, quali ambasciatori di Cristo e ministri del suo amore di riconciliazione, di continuare a costruire legami di rispetto, di fiducia e di armoniosa cooperazione nelle vostre parrocchie, tra di voi e con i vostri Vescovi". Cari fratelli e sorelle, conclude il Papa, "Dio ci chiama a ritornare a Lui e ad ascoltare la sua voce e promette di stabilirci sulla terra in una pace e prosperità maggiori di quanto i nostri antenati abbiano mai conosciuto. Possano i seguaci di Cristo in Corea preparare l'alba di quel nuovo giorno, quando questa terra del calmo mattino godrà le più ricche benedizioni divine di armonia e di pace! Amen". Alla preghiera dei fedeli, Francesco aggiunge a braccio un pensiero per il card. Filoni "che doveva essere con noi ma è stato inviato dal Papa in Iraq. Preghiamo per lui e per tutte le minoranze di quella terra che soffrono". 

Dopo l'omelia l'arcivescovo di Seoul e Amministratore apostolico di Pyongyang, card. Andrew Yeom Soo-jung, presenta al Papa una "corona di spine" fatta con il filo spinato della Linea di demarcazione militare che separa le due Coree all'altezza del 38mo parallelo. Francesco porterà la corona a Roma. 

Prima della messa, il Papa ha incontrato in forma privata alcuni leader religiosi della Corea: cristiani protestanti, buddisti, confuciani, rappresentanti della religione tradizionale coreana, anglicani e luterani. Tutti sono stati introdotti e presentati al pontefice da mons. Igino Kim Hee-jong (arcivescovo di Kwangju e presidente della Commissione episcopale coreana per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso). Con ognuno di loro ha scambiato qualche parola e c'è stato uno scambio di doni.

Subito dopo, il pontefice ha detto ai presenti (in spagnolo, con traduzione in coreano): "La vita è un cammino, un cammino largo che non può essere percorso da soli. Bisogna camminare con i fratelli, alla presenza di Dio. Camminare insieme, come Dio ha chiesto ad Abramo. Siamo fratelli, camminiamo insieme. Che Dio vi benedica, per favore vi chiedo di pregare per me".