Papa a Shimon Peres: Io prego per lei e so che lei prega per me
Nell'incontro fra papa Francesco e il presidente israeliano, la richiesta per un libero accesso ai Luoghi santi; per una pari dignità fra ebrei, cristiani e musulmani; per una piena cittadinanza dei cristiani (e delle altre comunità) nello Stato; per garantire il valore universale di Gerusalemme. Peres definisce il papa "una roccia contro ogni tentativo di legare la religione al terrorismo". L'incontro con i Gran rabbini d'Israele. Ebrei e cristiani devono approfondire il legame spirituale che li unisce.

Gerusalemme (AsiaNews) - "Signor Presidente, lei sa che io prego per lei e so che lei prega per me": questa rivelazione di papa Francesco a Shimon Peres, aggiunta a braccio al testo preparato, dice il cuore del messaggio e della forza del papa argentino in questa visita difficilissima in Terra Santa. Tale forza è stata riconosciuta anche dal presidente Peres, che accogliendo oggi il pontefice nella sua residenza, ha sottolineato che la sua presenza ha il potere di radunare persone di differenti religioni e di ringiovanire il processo di pace. "Io credo - ha aggiunto - che la sua visita e l'appello alla pace produrrà un'eco in tutta la regione e contribuirà a rivitalizzare gli sforzi per completare il processo di pace fra noi e i palestinesi basato su due Stati che vivono in pace". Peres ha anche definito il papa "una roccia contro ogni tentativo di legare la religione al terrorismo".

Nel discorso del papa non mancano indicazioni ai problemi che lo Stato d'Israele deve affrontare: il libero accesso ai Luoghi santi per pellegrini e residenti; la richiesta per i cristiani di essere cittadini a parte intera e di vedere rispettati i propri diritti (insieme a quelli delle altre comunità e religioni); il valore universale di Gerusalemme come "tesoro per tutta l'umanità".

E mentre si fa garante del desiderio dei cristiani di "portare, a partire dalla propria identità, il loro contributo per il bene comune e per la costruzione della pace",  ad "essere artefici di riconciliazione e di concordia", domanda  vi sia "rispetto per la libertà e la dignità di ogni persona umana, che Ebrei, Cristiani e Musulmani credono ugualmente essere creata da Dio e destinata alla vita eterna", auspicando che "si evitino da parte di tutti iniziative e atti che contraddicono alla dichiarata volontà di giungere ad un vero accordo e che non ci si stanchi di perseguire la pace con determinazione e coerenza".

In controluce si comprende l'accenno alla moltiplicazione delle colonie israeliane illegali nei Territori occupati e a Gerusalemme est, come pure le minacce alla sicurezza di Israele.

Francesco condanna come contrari al desiderio di pace  "il ricorso alla violenza e al terrorismo", ma anche  "qualsiasi genere di discriminazione per motivi razziali o religiosi, la pretesa di imporre il proprio punto di vista a scapito dei diritti altrui, l'antisemitismo in tutte le sue possibili forme, così come la violenza o le manifestazioni di intolleranza contro persone o luoghi di culto ebrei, cristiani e musulmani".

Dopo aver assicurato ancora una volta la sua "costante supplica a Dio", egli ha rivolto un pensiero a "tutti coloro che soffrono per le conseguenze delle crisi ancora aperte nella regione medio-orientale, perché al più presto vengano alleviate le loro pene mediante l'onorevole composizione dei conflitti". E ha salutato augurando "pace su Israele e in tutto il Medio Oriente! Shalom!".

Prima dei discorsi, inframezzati da canti in ebraico, spagnolo e in napoletano - da parte di due cantanti e un corpo di bambini e bambine - il papa e Peres avevano piantato un ulivo nel giardino della residenza.

In precedenza, Francesco aveva avuto un incontro con i Gran rabbini di Israele, quello askenazi Yona Metzger e il sefardita Shlomo Amar. Con essi e con altre personalità dell'ebraismo egli si è intrattenuto per circa mezz'ora, citando il salmo  133:  "Ecco quanto è dolce e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!".

Nel suo breve discorso, il pontefice ha ricordato l'amicizia da lui vissuta a Buenos Aires con "molti  fratelli ebrei", fra cui il rabbino Abraham Skoka, che lo accompagna in questa visita.

Egli ha poi ricordato il cammino di dialogo fra il Gran Rabbinato d'Israele e la Commissione della Santa Sede per i rapporti religiosi con l'ebraismo, e ha suggerito alcune piste di impegno per cattolici ed ebrei Anzitutto quello di "interrogarci in profondità sul significato spirituale del legame che ci unisce", che non è solo una relazione "di reciproco rispetto". "Si tratta  - ha detto - di un legame che viene dall'alto, che sorpassa la nostra volontà e che rimane integro, nonostante tutte le difficoltà di rapporti purtroppo vissute nella storia".

"Da parte cattolica  - ha aggiunto - vi è certamente l'intenzione di considerare appieno il senso delle radici ebraiche della propria fede. Confido, con il vostro aiuto, che anche da parte ebraica si mantenga, e se possibile si accresca, l'interesse per la conoscenza del cristianesimo, anche in questa terra benedetta in cui esso riconosce le proprie origini e specialmente tra le giovani generazioni".

Ciò porterà a una maggiore collaborazione nella società: "Insieme potremo dare un grande contributo per la causa della pace; insieme potremo testimoniare, in un mondo in rapida trasformazione, il significato perenne del piano divino della creazione; insieme potremo contrastare con fermezza ogni forma di antisemitismo e le diverse altre forme di discriminazione". E ha concluso con il saluto "Shalom!", divenuto ormai il suo saluto finale in ogni incontro.