Rappresentante del Dalai Lama: Lo spirito dei tibetani resta forte, Pechino ci ascolti
In occasione dell'anniversario dei moti anti-cinesi del 1959 Tempa Tsering, rappresentante del leader buddista a Delhi, spiega ad AsiaNews: "Le politiche cinesi sono ancora molto oppressive per la popolazione, che tuttavia continua sulla strada della non violenza". Un memorandum alla Cina con cinque richieste per fermare le stragi nella regione.

Delhi (AsiaNews) - La politica cinese in Tibet "continua a essere oppressiva, ma tutte le attività di protesta sul territorio rimangono non violente. E questo è un fattore molto incoraggiante: lo spirito dei tibetani resta forte, così come il sostegno della comunità internazionale. Ma Pechino deve rispondere al grido che viene da coloro che scelgono l'auto-immolazione, rilassare la propria presenza in Tibet e permettere fra le altre cose il ritorno a casa del Dalai Lama". Lo dice ad AsiaNews Tempa Tsering, rappresentante del leader buddista a Delhi, in occasione del 55mo anniversario dell'insurrezione anti-cinese del Tibet.

Il 10 marzo 1959 si scatenarono nella regione dei violenti moti popolari contro il dominio dell'esercito maoista. Quella protesta venne schiacciata dal governo cinese con migliaia di uccisi e costrinse il Dalai Lama a lasciare il Paese per rifugiarsi in India. Nel 2008, in occasione sempre dell'anniversario, alcune centinaia di tibetani inscenarono una protesta di massa a Lhasa che sfociò in una delle peggiori repressioni della storia moderna del Tibet. Circa 200 persone vennero uccise negli scontri, e iniziò da quel momento la scia di auto-immolazioni in protesta contro la dominazione cinese.

Secondo Tempa Tsering "le condizioni del Tibet sono molto precarie, ma lo spirito della popolazione è alto, determinato e non violento. La situazione si sta deteriorando ed è molto triste vedere che alcuni tibetani hanno scelto la via drastica del suicidio. La cosa che ci provoca più dolore è che non abbiamo alcuna alternativa, alcuna soluzione da offrire al nostro popolo che soffre". Il Congresso dei giovani tibetani presenterà oggi all'ambasciata cinese in India un memorandum con cinque richieste alla Cina.

Nel testo, i giovani tibetani chiedono che Pechino "risponda alle domande poste dagli auto-immolatori che, fra le altre cose, chiedono il ritorno del Dalai Lama in Tibet; libertà per tutti i prigionieri politici, fra cui l'11mo Panchen Lama Gendun Choekyi Nyima; l'ingresso della stampa e dei gruppi internazionali nella regione; il blocco dell'immigrazione di altre etnie in Tibet e le campagne di 'rieducazione' a cui sono costretti i tibetani; interruzione di test nucleari, progetti minerari e costruzione di dighe sul suolo tibetano". (NC)