La crisi europea colpisce la produzione cinese
Ad ottobre inaspettato rallentamento della produzione industriale, conseguenza della minor domanda estera. Le banche aumentano i finanziamenti, ma cresce così il rischio di riempirsi di “cattivi debiti”. Intanto oggi sono in recupero le borse cinesi.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Rallenta a ottobre la produzione industriale cinese, conseguenza delle diminuite esportazioni, evidenziando il pericolo che la crisi europea del debito estero possa portare l’economia mondiale nella recessione. La Cina aumenta i finanziamenti bancari, per sostenere la produzione, ma le banche rischiano di riempirsi di “cattivi debiti”.

L’Indice della produzione industriale (Ipi), basato sull’osservazione di 820 aziende, è stato di 50,4 a ottobre rispetto al 51,2 di settembre, il peggiore da febbraio 2009. Un dato inferiore a 50 indica una contrazione in valore assoluto della produzione, ma questo forte rallentamento è del tutto inaspettato, rispetto alle previsioni di molti esperti di un Ipi intorno a 51,8.

La produzione industriale delle maggiori economie asiatiche è rallentata a ottobre al punto più basso da tre anni, per le minori esportazioni verso Europa e Stati Uniti, e ora molti temono che la crisi del debito estero dell’Europa possa portare l’economia mondiale in una nuova recessione. La produzione di Taiwan ha registrato un’ulteriore contrazione con un’Ipi di 43,7 ad ottobre dopo il 44,5 di settembre, mentre la Corea del Sud ha un piccolo incremento con Ipi 48 dopo il 47,5 di settembre.

Le nuove commesse di esportazioni sono state ad ottobre di 48,6, rispetto al 50,9 di settembre, dato che “fa ritenere probabile – dice Zhang Liqun, analista del governo cinese – che esportazioni e investimenti continuino a diminuire”.

Julian Jessop, economista di Capital Economics a Londra, ritiene che “il meglio che possiamo sperare è un lungo periodo di crescita lenta, ma è significativo il rischio che un aggravarsi della crisi finanziaria europea spinga il mondo in una nuova recessione”.

Il dato cinese è grave anche perché Stato e banche già si sono attivati per sostenere la produzione: la HSBC Holdings and Market Economics ha indicato ieri che l’Ipi delle aziende più piccole è invece cresciuto a 51 (su un campione di 430 imprese), rispetto al 49,9 di settembre, “miglioramento – spiega Chang Jian economista dalla Barclays Capital – che è probabile conseguenza delle politiche del governo per alleviare le difficoltà delle piccole imprese”.

L’economia cinese è cresciuta del 9,1% nel terzo trimestre 2011, rispetto al +9,5% del secondo trimestre.

A ottobre ci sono anche stati nuovi finanziamenti per 140 miliardi di yuan (22 miliardi di dollari) concessi dalle 4 principali banche statali cinesi (Industrial and Commercial Bank of China, China Construction Bank, Bank of China e Agricultural Bank of China), indice della volontà del governo di una robusta immissione di capitale per sostenere le aziende in difficoltà. Nei precedenti mesi Pechino aveva ristretto i prestiti, per frenare la forte inflazione, che esperti sperano che sia ora in calo.

Ma cresce così il pericolo di riempirsi di crediti di difficile riscossione. La China Construction Bank, seconda maggiore finanziatrice del Paese, ha indicato che nel 3° trimestre 2011 i prestiti di difficile recupero sono cresciuti dell’1,9% e la Banca di Cina dell’1,6%. Pechino riceve sempre maggiori critiche perché usa le banche statali per svolgere una politica di sostegno all’economia, che però nel lungo periodo rischia di compromettere la stabilità degli Istituti.

Intanto le borse cinesi sono in recupero: oggi a metà giornata l’indice Hang Seng di Hong Kong recuperava l’1,9%, dopo il -2,5% di ieri. La borsa di Shanghai cresceva dell’1,4%, raggiungendo il massimo livello da settembre, dopo che oggi il viceministro alle Finanze ha confermato che l’economia è comunque sulla “strada giusta”. (PB)