Libro bianco di Pechino sui “60 anni dalla pacifica liberazione del Tibet”
di Nirmala Carvalho
Pechino ha ricorda i 60 anni dall’occupazione del Tibet con un libro bianco che afferma che il Tibet sia sempre stato parte della Cina. I tibetani denunciano il tentativo di “giustificare” il genocidio in atto del loro popolo, lingua, religione, tradizioni.
Dharamsala (AsiaNews) – “E’ falso dire che il Tibet sia sempre stato parte della Cina, nella storia”, piuttosto Pechino continua a operare “un vero genocidio culturale contro religione, lingua, tradizioni del popolo tibetano”. Urgen Tenzin, direttore esecutivo del Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia, risponde alla insistita pretesa di Pechino che il Tibet non sia mai stato autonomo dalla Cina per cultura e governo.

“Nessun Paese o governo ha mai riconosciuto l’indipendenza del Tibet”, osserva il governo cinese in un libro bianco pubblicato l’11 luglio dal titolo “60 anni dalla pacifica liberazione del Tibet”, come Pechino chiama l’occupazione militare che causò migliaia di morti. “La Cina è un Paese unito, multietnico, il popolo tibetano è un importante membro della Nazione cinese”, sin dall’antichità “collegato in modo stretto con l’etnia Han (principale gruppo etnico cinese) e altri gruppi etnici, con legami di sangue, linguaggio, cultura e altri aspetti”. Il libro critica chi chiede l’indipendenza del Tibet, che accusa di essere un tentativo imperialista occidentale di dividere il Paese.

Il dominio cinese sul Tibet è fatto risalire alla conquista durante la dinastia Yuan nel 13mo secolo. Il libro afferma pure che la stessa Cina ha ammesso il Dalai Lama e il Panchen Lama come leader religiosi e politici subordinati a Pechino, e ne ha indicato le modalità di nomina. L’11 marzo 1912 la prima Costituzione della neoistituita Repubblica di Cina ha affermato che “i popoli Han, Manchu, Mongol, Hui e Tibetan sono uno, e i 5 gruppi etnici saranno una sola repubblica”.

Urgen Tenzin spiega ad AsiaNews che quello che importa è “il futuro del Tibet”, che non vuole essere indipendente ma avere maggiore autonomia “sotto la Costituzione cinese”. Ma chiarisce che il Tibet, prima dell’invasione di 60 anni fa, è sempre stato indipendente, “la cultura e il linguaggio sono unici e distinti da quelli cinesi”. Egli denuncia il tentativo di Pechino di “far dimenticare i fatti attuali in Tibet. Ogni giorno il governo cinese detiene, tortura e uccide tibetani, è ininterrotta la persecuzione religiosa e culturale, anzitutto contro monaci e monache nei loro stessi conventi”, e il tentativo sistematico di un genocidio culturale, “nascosto dietro la propaganda della lotta contro il nuovo e vecchio imperialismo”.

Pechino cerca pure di “sottacere lo storico passaggio dei poteri politici dal Dalai Lama al governo tibetano eletto in modo democratico”. “La questione tibetana – conclude – è diventata di interesse mondiale, l’intero mondo conosce le sofferenze dei tibetani e ha capito che è importante preservarne la cultura, patrimonio dell’umanità”.