Crollano i prezzi delle materie prime, molti temono una nuova crisi globale
Proseguono le perdite nei mercati asiatici, dopo il crollo dei giorni precedenti, seppure i bassi prezzi hanno anche attirato molti compratori. Le vendite sono state innescate dal timore di cattive notizie sull’economia Usa. Se Washington non frenerà il debito pubblico, si teme una nuova crisi globale.

Hong Kong (AsiaNews) – E’ proseguita oggi nelle borse asiatiche la discesa dei prezzi delle materie prime, dopo il crollo di ieri. Analisti dicono che molti investitori cercano di agire “d’anticipo”, vendendo subito i titoli per il diffuso timore che i dati sulla disoccupazione negli Stati Uniti, che saranno rivelati oggi, siano molto negativi e tali da provocare forti contraccolpi nei mercati. Ma il vero pericolo è che la perdurante crisi Usa inneschi un’altra crisi finanziaria globale.

La borsa di Tokyo ha perso l’1,82%, quella di Hong Kong l’1,18%, Shanghai -0,85% e Seoul -1,58%. Ma le perdite riguardano soprattutto le materie prime.

Quella di ieri è stata la maggior discesa dei mercati dal 2009. Oggi il petrolio Brent ha perso il 5,8% prima di recuperare fino a circa 111,90 dollari al barile. Il meno pregiato petrolio Usa è precipitato a 94,63 dollari al barile (-5,5%), prima di risalire alla soglia dei 100 dollari, rispetto agli oltre 110 dollari al barile di pochi giorni fa. Le futures del rame hanno ceduto l’1,75%, dopo il -6% di ieri.

In perdita, tra gli altri, oro, argento, benzina, caffé, riso e cotone. L’argento, che in meno di un anno era salito del 175%, ieri ha perso il 12,9%, il 31% nella settimana. L’oro ieri è sceso del 3,6%. Peraltro nei mercati asiatici molti investitori sono stati attratti dai bassi prezzi, cosa che ha consentito di contenere le perdite e in alcuni casi persino di mostrare segni di recupero.

Analisti ritengono comunque queste perdite non troppo gravi di per loro, persino fisiologiche dopo i continui rialzi degli ultimi mesi.

Ma il vero problema è quale sia l’effettiva situazione economica in Europa e, soprattutto, negli Stati Uniti. Oggi il Dipartimento per il Lavoro Usa rivela i dati della disoccupazione ad aprile, che si temono peggiori del previsto e tali da indicare che la ritenuta ripresa sia non solo fragile, ma ancora del tutto incerta.

Il viceministro cinese alle Finanze Zhu Guangyao ha spiegato oggi che Pechino “dedica stretta attenzione alla discussione interna negli Usa su debito e deficit. Speriamo che gli Stati Uniti prendano effettive misure per una riorganizzazione fiscale come ha suggerito  il presidente Obama”.

Il diffuso timore è che il debito pubblico Usa si stia aggravando, in assenza di una adeguata politica fiscale che lo riduca. Negli scorsi giorni il segretario Usa al Tesoro Timothy Geithner ha detto che, nonostante le iniziative prese, il Paese rischia di raggiungere entro il 2 agosto il limite del debito pubblico di 14.290 miliardi di dollari. Matthew Zames, consigliere per il Tesoro e direttore esecutivo della JPMorgan Chase & Co., ha detto che se non  ci sarà un’efficace politica fiscale, si rischia “un’altra catastrofica crisi finanziaria”, che potrebbe anche essere analoga a quella dei mutui subprime che alcuni anni fa ha travolto l’economia mondiale. Ora Washington studia come ridurre il debito, tagliando le spese e aumentando le tasse.

Una verifica ci sarà già nei prossimi giorni, quando una nutrita delegazione cinese di massimo livello (circa 30 funzionari) volerà a Washington per l’annuale incontro per la cooperazione economica e militare. E’ prevedibile che Pechino, che ha 1.150 miliardi di dollari di riserva valutaria, chiederà notizie circa la salute della finanza Usa.

Oggi Zhu ha insistito che Washington deve ridurre il debito pubblico “per migliorare la situazione fiscale del Paese e per costruire un solido sistema fiscale per una crescita sostenibile di lungo termine dell’economia Usa”.