Per sopravvivere, Pechino deve ridurre il divario fra ricchi e poveri. Ecco come
Nella Cina del boom economico, da 30 anni si aggrava il divario tra pochi ricchi e la massa della popolazione ridotta in povertà. Nel 2010 il 10% dei cinesi ha realizzato il 51,9% dei redditi totali. Un noto studioso indica 3 semplici e possibili mosse per invertire la tendenza e restituire la ricchezza al popolo.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La Cina del miracolo economico è un Paese di enormi divari, con la ricchezza concentrata in una ristretta cerchia di privilegiati (soprattutto alti funzionari pubblici e loro parenti). Ma cambiare è possibile, se si vuole: il noto economista Minxin Pei indica come farlo con 3 semplici mosse.

Negli ultimi tempi Pechino si preoccupa come diminuire questo divario, anche perché ogni anno nel Paese ci sono decine di migliaia di proteste di massa per ragioni economiche.

Quest’anno il Consiglio di Stato ha annunciato una revisione delle imposte, con riduzioni fiscali per i lavoratori dipendenti e maggiori tassazioni sui più abbienti.

Minxin Pei, professore di Scienze Politiche presso il Collegio Claremont McKenna (Los Angeles), giudica la misura “inadeguata” e in qualche modo "di facciata". Sulla stessa linea, alcuni governi provinciali hanno dato disposizione che le tombe dei ricchi non sia "troppo grandi" per non suscitare invidie e confronti. In effetti, le imposte sui redditi sono una voce secondaria del bilancio statale: nel 2010 hanno contribuito solo per il 5,8% alle finanze pubbliche, mentre le imposte sul valore aggiunto e sui consumi interni hanno prodotto circa una terzo delle entrate. Per cui l’effettiva portata ridistribuiva di un intervento sui redditi personali appare limitata. Mentre non risolverebbe il problema della mancanza di assistenza sociale, ad esempio in campo sanitario, dove centinaia di milioni di persone non godono di cure gratuite.

In un articolo apparso ieri sul quotidiano South China Morning Post, lo studioso indica che per prima cosa sarebbe essenziale aumentare i salari dei lavoratori dipendenti, che per anni sono cresciuti molto meno della rapida crescita economica e che ora subiscono in pieno le conseguenze della forte inflazione, specie per gli alimenti ed altri generi essenziali, con rapida erosione del potere d’acquisto. Gli stipendi dei lavoratori hanno costituito il 53,3% del Prodotto interno lordo nel 1990, ma solo il 39,7% nel 2007. Un aumento dei salari farebbe espandere il consumo interno. In questa ottica, è anche necessario assicurare maggiore tutela ai diritti dei lavoratori e favorire il miglioramento della professionalità.

In secondo luogo, è necessaria una sostanziale ridistribuzione della ricchezza. Minxin Pei lo ritiene possibile distribuendo alla popolazione parte delle grandi riserve valutarie dello Stato, così da ridurre con effetto immediato le disuguaglianze. Egli ha calcolato che, riducendo di circa la metà le migliaia di miliardi di dollari di riserve statali, si potrebbero dare almeno 1.000 dollari a ogni cittadino, pari a circa un quarto del reddito annuo ordinario.

Terza essenziale misura: un’effettiva lotta alla corruzione, che impoverisce la popolazione stornando forti ricchezze a favore di pochi. Uno studio dell’economista Wang Xiaolu parla di un flusso di denaro, legato a fenomeni corruttivi, di circa 9.300 miliardi di yuan, circa un terzo del Pil. In Cina il 10% della popolazione realizza il 51,9% dei redditi totali e molti ritengono che questo sia in parte collegato a un uso fuorviato dei beni e delle aziende statali, monopoliste in molti settori. Un primo passo in questa direzione potrebbe essere uno stretto controllo sui redditi personali dei funzionari pubblici.

Senza simili iniziative radicali, conclude lo studioso, il Paese non soltanto rischia di vedere aumentare le tensioni sociali conseguenti alle forti disuguaglianze economiche. Ma rischia anche di entrare in una fase di stagnazione economica, conseguenza dei redditi inadeguati percepiti da centinaia di milioni di cittadini costituenti il ceto medio.