Ankara modello, con tentazioni egemoniche, del nuovo Medio Oriente
di NAT da Polis
Alla Turchia può non bastare essere portata ad esempio in quanto Paese musulmano che è membro della Nato, aspira alla Ue e ha unito islam politico e democrazia parlamentare. Un sondaggio fa pensare che non è Erdogan che islamizza la Turchia, ma è la Turchia musulmana ad aver scelto un islam politico “leggero”.
 Istanbul (AsiaNews) – Nella crisi in atto nei Paesi del Maghreb e della penisola arabica, tutti di religione musulmana, sono molti coloro che presentano l’esempio turco come modello politico di sviluppo economico da imitare, in quella regione del mondo che è la principale fonte degli idrocarburi.

Il modello turco è portato ad esempio in quanto, benché esso sia un Paese mussulmano, è riuscito a sviluppare un percorso che gli permette di essere membro della NATO e candidato ad entrare nella UE. E sotto il governo del partito islamico AKP, guidato da Recep Tayyip Erdogan, è riuscito ad abbinare l’islam politico con la democrazia parlamentare, quest’ultima vista, non dimentichiamolo -  come si nota negli ambienti diplomatici - sempre nel contesto del mondo mussulmano. Perché come si ricorda anche negli ambienti intellettuali di Istanbul, benché questo Paese invochi il rispetto dei  diritti democratici negli altri Stati della regione, al suo interno siamo ancora lungi dalla concezione democratica come essa è percepita in Occidente, eccezion fatta per alcuni ambienti dei  grandi centri urbani. Così, le minoranze religiose sono ancora in attesa del loro riconoscimento, la questione curda resta sospesa, continua la sopraffazione verso i gruppi editoriali contrari al governo, eccetera.

La questione è vedere se Ankara, che sin dal primo momento non ha nascosto di volere dire la sua nello scacchiere mediorientale, si accontenterà da fungere da semplice modello ai Paesi arabi, che cercano di liberarsi dai vecchi regimi oppure vorrà avere un ruolo egemone nei futuri sviluppi degli equilibri geopolitici.

Il ministro degli esteri Ahmet Davutoglu, teorico e ideologo dell’islam politico e padre del cosiddetto neo-ottamanesimo, al contrario di Erdogan - che vede la politica essenzialmente dal punto di vista del  business - pochi giorni fa, chiamato a spiegare le cause della crisi che affligge i Paesi della regione, ha sostenuto che essa è dovuta a due fattori: in primo luogo, lo stato di sudditanza in cui essi vivevano e in secondo lo status di continua guerra fredda psicologica che corre tra essi e Israele, sottolineando inoltre l’importanza avuta in queste società mussulmane dai cosiddetti social network. Ma, come ha commentate un attento osservatore degli affari turchi, Aris Abacis, anche Ankara, dopo Davos ha contribuito a rinfocolare la guerra fredda tra Israele e Paesi arabi, in quanto dopo lo scontro tra Erdogan e Perez della primavera del 2009, la Turchia è rientrata nel gioco dei nuovi equilibri mediorientali come un giocatore attivo.

In questo quadro, si pongono alcune importanti questioni, e cioè se le tentazioni egemoni della Turchia sul mondo mussulmano si accordano con le sue aspirazioni europee e se proprio queste sue aspirazioni non la portano in rotta di collisione con il principale protagonista dei nuovi equilibri, gli Stati Uniti di Barak Obama. Il presidente americano dopo i suoi discorsi prima  al parlamento turco, nell’aprile del 2009 e in seguito al Cairo, nei quali  prospettava un approccio col mondo islamico ben diverso da quello fallimentare di  George Bush, vede ora questi due Paesi, Egitto e Turchia,  che davano sostegno ad Israele, incamminarsi su ben diverse rotte, quelle dell’islam politico, con tutte le derive che può portare una ulteriore eventuale grave crisi economica.

Proprio in seguito a queste considerazioni e nella prospettiva delle prossime elezioni politiche del 12 giugno,  l’Associated Press ha effettuato pochi giorni fa un sondaggio dai risultati molto interessanti. Il 50% dei turchi si è dichiarato a favore dell’ ingresso del proprio Paese nella UE e il 52% si è dichiarato a favore della permanenza della Turchia  nella NATO. Interessante il fatto che l’85% ha affermato di trovare importante il fattore religioso nella vita,  mentre il 63% si è dichiarato a favore della  libertà che siano le studentesse a decidere se vogliono indossare il velo nelle università. Il 63%, poi, si è detto contrario alla partecipazione dei leader religiosi alla politica.

Per quanto riguarda i rapporti diplomatici con Israele, il 53% si è detto a favore della loro interruzione, il 55% s’ è espresso contro gli Stati Uniti e il 49% contro Obama.

Per quanto, poi, riguarda il vincitore delle prossime elezioni, Erdogan incassa un bel 54%, in quanto viene ritenuto l’unica grande figura di spicco, attualmente, in Turchia. La maggioranza dei turchi, infine, teme la disoccupazione .

Insomma, dall’osservazione del sondaggio sembra emergere che non è Erdogan che islamizza la Turchia, ma è la Turchia musulmana ad aver scelto un islam politico “light”, come l’ha definito Aris Abacis.