In Egitto i giovani stanno cambiando l’Islam, separando religione e politica
di Husani Massri
Le dimostrazioni non si fermano dopo il discorso di Mubarak e la dichiarazione del Consiglio supremo dell’esercito. La comunità internazionale è guidata solo dai propri interessi, ma non capisce i bisogni del popolo egiziano. Occorre sostenere i giovani di piazza Tahrir. La transizione in Egitto è un simbolo che può cambiare il mondo arabo e il pianeta.
Il Cairo (AsiaNews) – Nella Piazza Tahrir non vi sono soltanto rivendicazioni sociali (salari, occupazione, pane, ecc..), ma si sta attuando una mutazione dell’islam. I giovani infatti rifiutano sia la dittatura militare che la repubblica islamica; vogliono uno Stato moderno che garantisca cittadinanza piena a tutti, cristiani o musulmani. Ne è una prova il fatto che dal 25 gennaio, da quando sono iniziate le manifestazioni, la polizia ha cancellato il controllo delle chiese cristiane e non è avvenuto nessun attentato. Proprio per questo, quanto avviene in questi giorni al Cairo può cambiare il mondo arabo e l’intero pianeta. Queste sono alcune delle importanti riflessioni che un’illustre personalità cristiana egiziana ha voluto condividere con AsiaNews. La firma di questo articolo è uno pseudonimo.
 
 
Piazza Tahrir trabocca ancora oggi di centinaia di migliaia di giovani e vecchi, uomini e donne, contrariati e scontenti per il discorso di Mubarak di ieri. Ieri sera, il rais, in un messaggio televisivo ha escluso in ogni modo il suo abbandono del potere, come invece continua a chiedere ancora oggi la folla. Mubarak ha solo promesso di cedere alcuni poteri al suo vice Omar Suleiman, ma ha deciso di restare al potere fino alle elezioni presidenziali del prossimo settembre.
Quest’oggi, mentre cresce il numero dei dimostranti nella capitale e in altre città dell’Egitto, il Consiglio supremo dell’esercito ha  dichiarato che toglierà lo stato di emergenza “non appena si conclude la situazione attuale”.
 
Alcuni suppongono che vi sia divisione fra Mubarak e l’esercito e che i soldati prima o poi sosterranno in modo esplicito la popolazione. Non si conosce tutto il gioco dietro le quinte: è come essere nella nebbia. Ma una cosa è certa: i giovani continueranno a manifestare, domandando sempre di più. È importante mantenere la pressione sul potere e non lasciarlo tranquillo e soddisfatto di parole generiche e promesse vaghe. Questi giovani non smetteranno le rivendicazioni e le manifestazioni continueranno. Sono stati così ingannati e trattati male dal regime che non vorranno abbandonare la piazza. Se smettono, la società viene ripresa ancora tutta in mano alla dittatura. Da questo punto di vista è interessante ascoltare l’intervista di uno degli attivisti più famosi (v.: http://www.youtube.com/watch?v=vL8Vi6CaCCM).
 
La speranza è che non si crei violenza. Mi sembra che finora da parte dei giovani e dell’esercito vi sia una specie di “gentlemen agreement” nel non ricorrere alla violenza. La violenza l’hanno usata i criminali, non i giovani.
 
Fa impressione la comunità internazionale. Si rincorrono voci secondo cui una portaerei americana si è portata nel Golfo persico e un’altra nel Mediterraneo orientale, forse per garantire il traffico a Suez; che Israele consiglia all’Egitto una transizione “calma”; che l’Iran augura al Cairo una repubblica islamica a sua immagine e somiglianza…. Di fronte a queste rivolte di popolo, ciascuno cerca il suo interesse. Nessuno di questi poteri stranieri cerca o è attento all’interesse del popolo egiziano. Tutti sono guidati dalla realpolitik e dai propri affari.
 
A breve termine questo dà frutti, ma a lungo termine è una sconfitta. Gli Stati Uniti ad esempio, hanno sempre sostenuto l’integrismo islamico (Arabia saudita, Talebani, ecc…). In tal modo essi si sono garantiti i profitti del petrolio. Ma la diffusione dell’integralismo islamico nel mondo ha messo a rischio tutta la civiltà occidentale.
 
Il fatto più grave è che quanto più gli integralisti alzano la voce, tanto più i moderati si zittiscono.
Siamo davanti al rischio di gettare nella spazzatura la cultura e la civiltà mondiale a causa di un gruppo violento e fanatico, che fa tacere i moderati e intimidisce gli occidentali, preoccupati solo di frasi politicamente corrette, di non apparire troppo anti-musulmani, islamofobici.
 
La più parte degli Stati nell’occidente cade in questo tranello. I governi di sinistra non hanno fatto altro che accogliere, dialogare, e in nome dell’umanità, della tolleranza, hanno prosciugato le casse della sicurezza sociale. Siamo ormai davanti a un fallimento sociale e di civiltà. I governi di sinistra sono stati corrotti. Da parte loro, i governi di destra hanno avuto buon gioco: hanno preso il potere dando una risposta più dura, opponendosi al mondo islamico, senza dialogare.
 
Quanto succede in questi giorni in Egitto, costituisce un passo importante per il mondo arabo e per il mondo. È ormai chiaro a tutti che quello che stiamo vivendo non è semplicemente un problema interno, ma una questione che abbraccia il mondo intero. Ciò che succede qui supera di molto i confini nazionali. I giovani non stanno solo domandando maggiori sicurezze sociali, ma è l’islam che sta passando attraverso una mutazione. Le richieste dei giovani implicano una precisa distinzione fra religione e politica. Essi rifiutano sia la dittatura militare, sia la rivoluzione islamica stile Iran. Essi vogliono un sistema di governo basato sulla società civile. Vogliono la libertà, uno Stato di tipo moderno. Se l’Egitto fa questo, tutto il mondo arabo potrà seguirlo, perché esso è il Paese leader del mondo arabo-musulmano. Ma se questo avviene nel mondo arabo, potrà seguirlo il mondo intero. L’Egitto è un simbolo.
 
Anche se la maggioranza dei giovani in piazza Tahrir sono musulmani, essi rifiutano uno Stato musulmano, a modello dei Fratelli musulmani. Questi sono sempre più marginalizzati e hanno molto meno peso e influenza di quanto si pensi. Mubarak attribuiva a loro un immenso potere. Ma il motivo è ormai chiaro: agitando lo spettro dell’integralismo islamico davanti agli Stati Uniti, riceveva grossi aiuti economici. Esagerare il pericolo dei Fratelli musulmani nei confronti di Israele, era un gioco facile per irretire gli Stati Uniti, facendo intendere che senza di lui ci sarebbe stata la guerra, la violenza, lo Stato islamico.
 
Vale la pena notare un fatto: dopo il 25 gennaio, la polizia ha smesso la custodia e la vigilanza davanti alle chiese. Si poteva temere che ci sarebbero stati attacchi e distruzioni – come è avvenuto il 31 dicembre nella chiesa di Alessandria -  e invece non è successo niente. Tanto che alcuni sospettano che l’attentato di Alessandria sia stato provocato da ambienti vicini al ministero egiziano degli interni.
 
Voglio fare un appello a voi occidentali: sostenete moralmente i giovani egiziani; fate pressione sui vostri governi e sui grandi organismi internazionali che difendono la libertà religiosa e le libertà civili, perché i Paesi musulmani accettino una visione moderna dello Stato, dove c’è uguaglianza per tutti, libertà di espressione, di pensiero, di religione e di conversione. Insomma, perché ci sia una distinzione radicale fra l’islam e la politica. Proprio come chiedono i giovani di piazza Tahrir.