Le religioni insieme per la pace nel sud della Thailandia

Musulmani del sud denunciano istigazioni da parte di imam venuti dall'estero.


Bangkok (AsiaNews) – Cattolici, musulmani e buddisti cercano insieme di affrontare il problema della violenza nel sud della Thailandia, esploso con forza dopo la morte, il 25 ottobre scorso, di 81 musulmani a Tak Bai. Al tempo stesso, musulmani del sud denunciano che imam venuti dall'estero istigano alla violenza.

Nei giorni scorsi a Bangkok si è tenuto un incontro animato da alcuni leader religiosi, fra cui padre Chusak Sirisuth, direttore dell'Istituto di ricerca su religione e cultura di Nakhon Pathos, Witaya Wisatrat, membro del Consiglio musulmano nazionale, e Pornthip Phonwanfai, del Gruppo per la società buddista. Scopo dell'incontro, trovare i modi per fermare la violenza che affligge il sud del Paese, a maggioranza islamica.

Witaya, senatore musulmano, si è recato nelle regioni meridionali per investigare sulla tragedia di Tak Bai: "Alcune persone non sono soddisfatte della versione diffusa dei fatti avvenuti: solo la verità può aiutare a risolvere il problema, nasconderla significa creare nuova violenza". Il governo tailandese aveva promesso una commissione di inchiesta sui fatti di Tak Bai. In particolare l'esponente musulmano ha voluto sottolineare come sia necessaria "una vera libertà di stampa": "Bisogna lottare per un'etica nella comunicazione" . Nella pacificazione della regione, secondo Witaya, molto possono fare le religioni: "I leader religiosi devono spingere i loro fedeli a praticare gli insegnamenti della loro fede".

Padre Chusak ha condiviso con i partecipanti al meeting le informazioni ricevute dai preti e religiose cattolici nel sud del paese. Un prete di Betong ha riferito che "la situazione è leggermente migliore di prima, ma certo non è positiva. Ci sono disordini, la gente vuole stare divisa, nessuno ha voglia di aiutare gli altri". Alcune suore di Chorensri hanno detto di "sentirsi molto spaventate" perchè "molti innocenti sono stati uccisi". Le religiose ritengono che si debba "affrontare la violenza con l'amore, la comprensione e il perdono". Una suora di una scuola cattolica ha affermato che "sono stati distribuiti volantini di minaccia: 20 dei nostri alunni si sono ritirati dalla scuola per paura".

I recenti episodi di violenza fra gruppi religiosi non impediscono ai rappresentanti delle diverse fedi di sperare nella convivenza e nella solidarietà reciproca: secondo un esponente musulmano "non pensiamo che buddisti e musulmani non possono vivere insieme: lo abbiamo fatto, in modo pacifico, per molto tempo".

Tra i musulmani del sud si fa strada la denuncia che imam radicali venuti dall'estero stanno sfruttando la situazione di disordini e violenze per incitare nelle moschee i fedeli islamici più giovani alla violenza contro il governo.

Razalee Kayamat, capo del villaggio di Kayahmati, ha dichiarato che "predicatori estremisti tornati da Indonesia, Pakistan e Libia stanno andando in giro a seminare bugie fra i giovani".  (WK)