Microcrediti: accuse a Rahul Gandhi di averli favoriti
di Nirmala Carvalho
Il Partito Telugu Desam accusa Rahul Gandhi, leader del Partito del Congresso, di avere favorito una società di microcredito. Un operatore umanitario racconta ad AsiaNews come questo sistema distrugga le famiglie dei poveri tribali.

New Delhi (AsiaNews) – Mentre ancora si discute su come disciplinare i microfinanziamenti (Mfi) esplode la polemica. La settimana scorsa N Chandrababu Naidu, presidente del Partito Telugu Desam (Tdp), e Mageshwara Rao, leader del Tdp al Lok Sabha (parlamento) hanno accusato il governo di non essere intervenuto in modo tempestivo per regolare gli Mfi.

Nageshwara Rao ha addirittura indicato che Rahul Gandhi, leader del Partito del Congresso, avrebbe favorito lo sviluppo dei Mfi, a favore della ditta di finanziamento SKS, e lo ha sfidato a un pubblico dibattito.

Gli mfi sono finanziamenti di modesta entità concessi a persone prive delle garanzie in genere richieste dagli istituti di credito (quali immobili e reddito fisso), ma conosciute dal finanziatore che accorda loro fiducia. Essi dovrebbero finanziare iniziative lavorative personali, consentendo al cliente di avere subito le risorse economiche necessarie per intraprendere un’attività, i cui proventi permettano di restituire la somma.

Invece in India c’è stata un’ampia diffusione di prestiti per spese “di rappresentanza”, quali matrimoni, funerali, o il semplice acquisto di beni di consumo. Molti clienti non sono stati in  grado di restituire la somma e i media hanno riportato che decine di loro sono stati “istigati” al suicidio dai finanziatori, che in precedenza avevano fatto loro stipulare un’assicurazione che prevedeva il rimborso del prestito in caso di decesso.

Bulliyya è coordinatore per 80 villaggi in Andhra Pradesh del “Progetto LAYA”, sviluppato a Addateegala, Godavari orientale. Lavora da 22 anni nella zona e spiega ad AsiaNews che “questi Mfi hanno reso i tribali ancora più poveri. Siamo stati testimoni di suicidi tentati, a causa degli Mfi”.

“L’Atto per il controllo del prestito pecuniario – spiega – esclude i prestiti nella Zona tribale. Questi Mfi utilizzano modi subdoli per operare in questa Zona, attraverso gruppi di sostegno, o anche li propongono in modo illegale”. La penetrazione di questi microcrediti è stata tale che “si stima che circa il 90% delle famiglie tribali adivasi [della zona] dipende da fonti di crediti non formali”.

“La mancanza di sistemi istituzionali per le attività generatrici di reddito – prosegue – ha aggravato il problema”. “La facile concessione di microprestiti, insieme con i piccoli rimborsi previsti su base settimanale, ha spinto i poveri a prendere questi mfi. L’alto tasso di interesse è mascherato, ma i nostri poveri lo hanno capito troppo tardi”. “Gli agenti del microcredito sono anche conosciuti per l’uso di tattiche rudi per ottenere la restituzione dei prestiti”, al punto che “alcuni di questi poveri hanno tentato il suicidio”.

Nel distretto del Godavari Orientale la stampa ha riportato 7 suicidi dal novembre 2009 per non essere riusciti a restituire mfi. Un circolo vizioso, dove spesso chi ottiene un prestito si rivolge poi a un altro istituto per avere un nuovo prestito per pagare il primo. Tra le spese per il finanziamento sono in genere comprese 350 rupie per l’assicurazione, che risarcirà il finanziatore in caso di morte del cliente.