Abhisit rilancia la “road map” per la pace. Fallito il modello di democrazia thai
Il premier conferma il ritorno all’ordine e alla legalità nella capitale. Egli assicura l’impegno dell’esecutivo per rilanciare il Paese e promette trasparenza. In due mesi di protesta delle “camicie rosse” sono morte 83 persone, oltre 1900 i feriti. La crisi politica segna la fine della Thailandia come modello per le nazioni del Sud-est asiatico.
Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – A Bangkok e nelle altre province “è tornato l’ordine” e il governo continuerà a “riportare velocemente la normalità in tutto il Paese”. È quanto ha affermato oggi il premier Abhisit Vejjajiva, in un messaggio televisivo alla nazione. Il Primo Ministro promette che l’esecutivo saprà “affrontare le sfide” e “superare le difficoltà”, rilanciando la “raod map” per la pace e la democrazia in cinque punti proposta a inizio maggio. Tuttavia, la crisi politica attraversata dalla Thailandia rischia di segnare il tramonto del “modello democratico” per le nazioni asiatiche; molti Paesi dell’area retti da dittature – come il Myanmar – potrebbero sentirsi legittimati a proseguire la repressione delle opposizioni interne, in nome della “pace sociale”.  
 
Il premier thai ha spiegato che il governo “ha tutta l’intenzione di ripristinare l’ordine e far avanzare il Paese” e lo farà “secondo una politica improntata alla trasparenza”. Abhisit conferma la creazione di una commissione indipendente chiamata a indagare sugli episodi di violenza: “ci aspettano grandi sfide – annuncia – in particolare il superamento delle divisioni che sono emerse nel Paese”. Egli rilancia inoltre la “road map” per la pace e la riconciliazione proposta a inizio maggio. Tuttavia Korbsak Sabhavasu, segretario generale del premier, aggiunge che la data del 14 novembre fissata in precedenza per le elezioni “non sarà fattibile a causa delle recenti violenze”.
 
A Bangkok è iniziata l’opera di pulizia delle strade e lo sgombero dell’accampamento eretto dai manifestanti, nel cuore commerciale della capitale. In due mesi di protesta delle “camicie rosse” – i manifestanti anti-governativi vicini all’ex premier in esilio Thaksin Shinawatra – sono morte 83 persone, oltre 1900 i feriti. Il coprifuoco annunciato a Bangkok e in 23 province resterà in vigore fino a domenica.
 
Korn Chatikavanij, Ministro delle finanze, ha manifestato fiducia nella ripresa economica del Paese, “se permarrà la stabilità delle ultime 24 ore”. Intervenendo ad un convegno a Tokyo, egli ha però riconosciuto che l’impatto della crisi sull’industria del turismo per il 2010 potrebbe essere “disastroso”. Il governo deve evitare la nascita di un movimento sotterraneo che dia vita a “una guerriglia urbana a Bangkok e in altre province”, perché ciò comporterebbe “la fuga degli investitori esteri”.
 
Se l’economia del Paese può ancora rialzarsi, la crisi politica della Thailandia ha mietuto una vittima illustre: l’immagine di democrazia “modello” per tutto il Sud-est asiatico e l’intero continente. Nicholas Farrelly, ricercatore all’Australian National University, sottolinea che “la lezione imparata dalle altre nazioni è che il modello thai non è un esempio da riprodurre”. Egli aggiunge che “le dittature della regione, la più estrema di tutte quella birmana a Naypyidaw, saranno certamente soddisfatte di sé”.