Le nazioni del Mekong a confronto, 15 anni dopo
di Weena Kowitwanij
Si è concluso il secondo Summit internazionale del bacino del Mekong, che ha riunito Thailandia, Laos, Vietnam e Cambogia in un piano comune per lo sviluppo del fiume. Myanmar e Cina convocati come osservatori, mentre Pechino rigetta le accuse: “Le nostre dighe non danneggiano il bacino”.

Hua Hin (AsiaNews) – Cooperazione commerciale, qualità della vita e sviluppo sostenibile: sono i principali obiettivi del piano quinquennale approvato ieri dai governi di Thailandia, Laos, Vietnam e Cambogia nell’ambito del secondo Summit internazionale del bacino del Mekong. All’incontro, che si è conclusoieri, hanno partecipato come osservatori anche i delegati di Myanmar e Cina. E proprio il rappresentante di Pechino si è dovuto difendere dalle accuse degli altri, che ritengono la Cina e le sue dighe responsabili per l’abbassamento del livello del fiume.

L’incontro è stato convocato per controllare e aggiornare gli obiettivi stabiliti nel 1995 dalle quattro nazioni organizzatrici. In quindici anni, hanno sottolineato i delegati, sono nati progetti in grado di affrontare i cambiamenti climatici e le variazioni economiche: tuttavia, serve un nuovo progetto per rilanciare l’area, dove vivono popolazioni fra le più povere dell’Asia. In questa prospettiva sono stati contattati anche Paesi dove esistono altri grandi fiumi, per mettere a confronto le esperienze.

Il grido d’allarme lo ha lanciato il premier thai, Abhisit Vejjajiva, che in apertura ha detto: “Il fiume non sopravviverà senza una buona gestione. Questo incontro manda un segnale a tutte le nazioni della regione del Mekong: abbiamo una responsabilità comune per la sua sostenibilità a lungo termine”. Il riferimento è alle tre dighe cinesi già esistenti, note come le Lancang, e alla quarta in costruzione, chiamata Xiaowan.

Il dottor Saksit Tridech, Segretario permanente del ministero thailandese per le Risorse naturali e l’ambiente, spiega: “L’incontro mira a migliorare ancora di più la cooperazione tesa a sviluppare il bacino del Mekong, in modo da aiutare chi vive su quelle rive. Dobbiamo studiare bene la responsabilità della Cina, per capire se le sue dighe sono veramente il problema della mancanza d’acqua nella zona”. Il fiume è lungo 4880 chilometri, di cui 2130 in territorio cinese.

Tuttavia, la Cina ha rigettato le accuse. Il vice ministro degli Esteri Song Tao, delegato al Summit, ha dichiarato: “Le statistiche dimostrano chiaramente che l’abbassamento del livello delle acque è da attribuirsi al cambiamento climatico, che ha seccato l’aria. Non ha nulla a che vedere con lo sviluppo dell’energia idrica in Cina. Fra le vittime di questo cambiamento ci siamo anche noi”.