Papa: i “talenti”, ciò che Cristo ci ha donato, si moltiplicano donandoli
Benedetto XVI esorta a non dimenticare il dono della fede e a non avere paura di Dio, ma ad offrire e condividere il dono fattoci da Cristo, che è Lui stesso. Il ricordo delle religiose che vivono la clausura nella preghiera contemplativa. Tutti sono chiamati a sostenerle nei bisogni materiali.La loro presenza nel mondo è “indispensabile”

Città del Vaticano (AsiaNews) – Un appello alla testimonianza, a “commerciare”, condividere, diffondere i doni che Cristo ci ha donato:è questo secondo Benedetto XVI il senso della parabola dei talenti (Mt 25,14-30), che egli ha commentato oggi nella breve riflessione prima dell’Angelus insieme ai fedeli in piazza san Pietro. “Sì – ha detto il papa -  ciò che Cristo ci ha donato si moltiplica donandolo! E’ un tesoro fatto per essere speso, investito, condiviso con tutti, come ci insegna quel grande amministratore dei talenti di Gesù che è l’apostolo Paolo”.

Il pontefice ha spiegato che il talento “era un’antica moneta romana, di grande valore”. Proprio a causa della popolarità di questa parabola, il “talento” è diventato sinonimo di “dote personale, che ciascuno è chiamato a far fruttificare”. Ma il pontefice precisa: nella parabola si parla di doni che “il padrone” fa ai suoi servi. “Perciò – egli continua - tali doni, oltre alle qualità naturali, rappresentano le ricchezze che il Signore Gesù ci ha lasciato in eredità, perché le facciamo fruttificare: la sua Parola, depositata nel santo Vangelo; il Battesimo, che ci rinnova nello Spirito Santo; la preghiera – il ‘Padre nostro’ – che eleviamo a Dio come figli uniti nel Figlio; il suo perdono, che ha comandato di portare a tutti; il sacramento del suo Corpo immolato e del suo Sangue versato. In una parola: il Regno di Dio, che è Lui stesso, presente e vivo in mezzo a noi”.

“La parabola odierna – egli continua -  insiste sull’atteggiamento interiore con cui accogliere e valorizzare questo dono. L’atteggiamento sbagliato è quello della paura: il servo che ha paura del suo padrone e ne teme il ritorno, nasconde la moneta sotto terra ed essa non produce alcun frutto. Questo accade, per esempio, a chi avendo ricevuto il Battesimo, la Comunione, la Cresima seppellisce poi tali doni sotto una coltre di pregiudizi, sotto una falsa immagine di Dio che paralizza la fede e le opere, così da tradire le attese del Signore. Ma la parabola mette in maggior risalto i buoni frutti portati dai discepoli che, felici per il dono ricevuto, non l’hanno tenuto nascosto con timore e gelosia, ma l’hanno fatto fruttificare, condividendolo, partecipandolo”.

Benedetto XVI non dimentica che la parabola è segno anche di un cambiamento culturale che la fede dei cristiani porta dentro la storia, e cioè una mentalità attiva, trasformatrice: “L’insegnamento evangelico – ha detto - ha inciso anche sul piano storico-sociale, promuovendo nelle popolazioni cristiane una mentalità attiva e intraprendente. Ma il messaggio centrale riguarda lo spirito di responsabilità con cui accogliere il Regno di Dio: responsabilità verso Dio e verso l’umanità. Incarna perfettamente quest’atteggiamento del cuore la Vergine Maria che, ricevendo il più prezioso tra i doni, Gesù stesso, lo ha offerto al mondo con immenso amore”.

Dopo la preghiera mariana, Benedetto XVI ha ricordato che il prossimo 21 novembre, festa della Presentazione di Maria al Tempio,  ricorre la giornata “Pro Orantibus”, in cui tutta la Chiesa ricorda le persone dedicate alla preghiera nella clausura. “Ringraziamo il Signore – ha detto il papa - per le sorelle e i fratelli che hanno abbracciato questa missione dedicandosi totalmente alla preghiera e vivono di quanto ricevono dalla Provvidenza. Preghiamo a nostra volta per loro e per le nuove vocazioni, e impegniamoci a sostenere i monasteri nelle necessità materiali. Care sorelle e cari fratelli, la vostra presenza nella Chiesa e nel mondo è indispensabile. Vi sono vicino e vi benedico con grande affetto!”.

Foto: CPP