Bangladesh, elezioni amministrative in quattro città del Paese
Nonostante continui lo Stato di emergenza, oltre 1,2 milioni di persone sono chiamate alle urne per eleggere i vertici di quattro città e nove municipalità. Un test in vista delle politiche in programma a fine dicembre, anche se non mancano le proteste sui modi e i tempi decisi per il voto odierno.

Dhaka (AsiaNews/Agenzie) – Questa mattina in Bangladesh, tra imponenti misure di sicurezza, gli elettori di quattro città e nove municipalità sono chiamati alle urne per eleggere le amministrazioni locali. È la prima consultazione elettorale dalla dichiarazione dello Stato di emergenza nel gennaio 2007, un banco di prova per il Paese in vista delle elezioni politiche in programma il prossimo dicembre.

La commissione elettorale bengalese auspica che le amministrative in corso di svolgimento possano essere “un modello” per il voto generale, anche se i due principali partiti del Paese criticano la scelta della commissione e ribadiscono che prima andava effettuata la consultazione a livello nazionale. Una consultazione annunciata a più riprese nell’ultimo anno e mezzo, ma che non si è mai effettuata.

Forze armate e poliziotti presidiano strade e seggi delle quattro città interessate dal voto – Sylht, Khulna, Borsial e Rajshahi, con 1,2 milioni di cittadini chiamati a esprimere la preferenza – ma finora non si segnalano incidenti. A livello ufficiale tutti i candidati avrebbero dovuto essere “indipendenti”, ma ciascuno di loro è appoggiato in maniera più o meno diretta da un partito politico. Ragion per cui questa tornata dovrebbe – almeno a livello teorico – dimostrarsi una cartina di tornasole sulle percentuali delle forze politiche nel Paese e le possibili leadership future.

Restano invece critiche le posizioni dei due principali schieramenti politici, che contestano il voto odierno: secondo l’Awami League non è possibile effettuare elezioni “libere e giuste” quando ancora vige lo Stato di emergenza, mentre Il Bangladesh Nationalist Party invita i cittadini a organizzare proteste e manifestazioni.