Ching Cheong: Per 1000 giorni nelle prigioni cinesi ho cercato Dio
di Loura Foo
In un’intervista esclusiva per AsiaNews, il giornalista dello Strait Times, condannato a 5 anni per “aver venduto all’estero segreti di stato”, racconta il sostegno ricevuto in prigione dalla lettura della Bibbia. Mette in luce le contraddizioni nell’evento delle Olimpiadi e esprime la speranza che la Cina possa divenire nel mondo anche una forza culturale e spirituale.

Hong Kong (AsiaNews) – Ching Cheong, 57 anni, è un giornalista di Hong Kong, capo corrispondente per la Cina dello Strait Times di Singapore. É stato arrestato nell’aprile 2005 per “spionaggio a favore di Taiwan” e condannato a 5 anni di carcere: avrebbe confessato di aver venduto informazioni militari a Taiwan e di aver messo in piedi una rete di spionaggio per “vendere segreti di Stato” all’estero. Ma lui ha sempre negato l’accusa e la nega tuttora. Dissidenti dicono che il suo arresto è invece collegato a una sua ricerca su Zhao Ziyang, segretario del Partito ai tempi delle rivolte pro-democrazia, e sul massacro di Tiananmen nell’89.

Nel novembre 2006 la condanna è stata confermata, al termine di un processo durato un giorno in cui non sono state prodotte prove d’accusa. Grazie all’impegno del suo giornale, della moglie e dei suoi amici ad Hong Kong, che si sono battuti per il suo rilascio, Ching Cheong è stato liberato il 5 febbraio 2008, dopo aver scontato metà della pena. Ha accettato di parlare con AsiaNews della sua esperienza in prigione e delle sue prospettive sulla Cina e le Olimpiadi.

É stato in prigione per oltre 1000 giorni. Ricordando quei giorni di reclusione, Ching confessa che i traumi mentali e le pressione sopportate superano di molto le violenze fisiche subite. Il momento dell’arresto, quello in cui gli hanno messo le manette è stato il momento più doloroso della sua vita, di amarezza, di mancanza di fiducia in se stesso. Per la prima volta nella sua esistenza ha provato l’umiliazione di essere ammanettato, il cuore spezzato per essere rinchiuso in una cella: “Ho avuto l’impressione di un fallimento totale, una mancanza di fiducia in quello che avevo fatto fino allora, come se tutto fosse stato sbagliato”.

Il conforto della lettura della Bibbia

Per mitigare la sua confusione, in prigione Ching comincia a leggere dei libri sui santi cinesi, “ma questi libri tolgono il dolore solo per un po’ e non sono capaci di risolvere le paure più profonde”.

E così ha chiesto di avere una copia della Bibbia. “Sentivo che ciò che potevo ottenere leggendo la Bibbia era molto di più di quanto potessi ottenere dalla lettura di altri libri. E infatti sono rimasto molto toccato; leggendo alcuni capitoli mi sono messo perfino a piangere”.

La parte che lo ha più colpito è il capitolo 13 della lettera ai Corinti. L’inno all’amore di san Paolo, il rapporto fra fede, speranza e amore lo ha davvero liberato dalla confusione. Ching racconta che ha cominciato a guardare gli altri “con amore”, distruggendo tutti i sentimenti di odio con “il perdono”. “Da quel momento ho riacquistato conforto, fiducia e forza”. Si è messo anche a pregare ogni giorno Dio, per ricevere forza e camminare sul sentiero dell’amore alla Cina, per avere un cuore gioioso e buona salute “per affrontare le povere condizioni della prigione e affrontare le avversità con generosità”.

Ching spiega con modestia che egli non capisce il cristianesimo in profondità e per questo non si è deciso ancora a entrare in una comunità cristiana o in una Chiesa specifica. Ma è determinato a “conoscere Dio”. Sua moglie, Mary Lau, è buddista ed entrambi guardano con profondo interesse la religione. “Avere fede è un’esigenza spirituale della persona”, dice Ching e sebbene marito e moglie abbiano religioni diverse, si rispettano l’un l’altro.

Il 2008: le Olimpiadi e le aministie

Un altro momento di luce e di speranza è stato quando ha letto un articolo sul Nanfang Zhoumo [settimanale del Guangdong – ndr] in cui si chiedeva a Pechino di fare del 2008, l’anno delle Olimpiadi, un anno di amnistia. L’articolo era stato causato dall’impegno di tanti suoi amici ad Hong Kong che premevano su Pechino per il suo immediato rilascio. Diverse organizzazioni avevano infatti domandato al governo cinese di  fare dell’anno delle Olimpiadi un Anno dell’Amnistia. Grazie a queste pressioni, Ching è stato liberato. Egli pensa che la Cina dovrebbe riflettere sulla possibilità di varare questo sistema di amniste, per permettere ad altri di goderne.

“Dal tempo del mio rilascio – il 5 febbraio 2008 – Pechino ha avuto la possibilità di percorrere questo sentiero di riconciliazione. Purtroppo gli incidenti in Tibet e il terremoto nel Sichuan hanno bloccato il percorso. Ma l’articolo pubblicato sul Nanfang Zhoumo è visto come un segnale che Pechino stava pianificando un modo di migliorare il rispetto dei diritti umani, facendo passi verso la riconciliazione. Purtroppo questo processo è stato frenato dagli incidenti in Tibet e dal terremoto nel Sichuan”.

Ching però rimane fiducioso: fa notare che di recente alcuni parlamentari democratici hanno avuto il permesso dalla Cina di recarsi sulla zona del terremoto; allo stesso tempo, Pechino ha riaperto i dialoghi con i rappresentanti del Dalai Lama. Ciò significa che la Cina sta riaprendo il percorso della riconciliazione.

La Cina deve crescere nello spirito e nella cultura

Le resistenze e le critiche che le Olimpiadi di Pechino stanno ricevendo dipendono dal fatto che la Cina ha ancora bisogno di stabilire il suo “soft power” nella comunità internazionale: “La Cina – spiega Ching - ha sperimentato un’alta crescita economica, ma ha ancora bisogno di maturare in un vigore spirituale, è questo il ‘soft power’. Dal punto di vista dello ‘hard power’, la Cina supera ormai molte altre nazioni, ma il suo fascino culturale è ancora molto basso. In tal modo, organizzando le Olimpiadi, la Cina mostra anche tutte le sue debolezze e ciò dà agli altri una scusa per criticarla e opporvisi. Da una parte, la Cina ha tutte le capacità [tecniche] di ospitare le Olimpiadi; ma non riesce a compiere tutte le principali aspettative sociali”.

Ching spera che attraverso le Olimpiadi la Cina divenga più tollerante dal punto di vista politico e capace di migliorare la situazione dei diritti umani.

Sul futuro del Paese, egli è ancora molto ottimista. Si ricorda che mentre era in prigione egli ha letto un articolo del premier Wen Jiabao. Wen diceva che la libertà, la democrazia, i diritti umani non sono bagaglio esclusivo della società capitalista, ma un ideale a cui tutti i popoli tendono e una conquista della civiltà [mondiale].

Ching spera che la Cina possa conoscere che i diritti umani sono un valore universale per l’umanità e quell’articolo lo ha aiutato a rafforzare il suo amore alla Cina.