Bambini venduti come schiavi nel ricco Guangdong
Un giornale denuncia una vera rete criminale per prendere minori con promesse di un buon lavoro e “affittarli” come schiavi alle fabbriche. Senza temere i controlli di autorità poco attente.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) –  Bambini venduti come schiavi. A un anno dallo scandalo dei lavoratori-schiavi nelle fabbriche di mattoni nello Shanxi, esploso nel maggio 2007, i media cinesi denunciano una vera rete criminale per procurare “bambini-schiavi” alle fabbriche del ricco Guangdong, nell’indifferenza generale. Il China Labour Bullettin, che difende i diritti dei lavoratori, racconta una clamorosa denuncia, caduta nell’indifferenza.

A fine aprile il Southern Metropolitan Daily ha denunciato che oltre mille bambini della povera regione del Liangshan lavorano come schiavi in fabbriche del Delta del Fiume delle Perle. Quasi tutti sotto i 16 anni, presi dalle famiglie con la promessa di un lavoro facile e ben pagato, ma poi portati in un luogo sconosciuto, percossi per renderli obbedienti, costretti a lavori faticosi e con poco cibo. A Shipai (Dongguan) c’è un vero mini-mercato dove i bambini sono stanno in fila, con le loro poche cose, aspettando di essere “scelti”.

Un reporter si finge un compratore: il “venditore” colpisce i bambini, per dimostrarne l’obbedienza, e propone di “affittarli” per 3,5 yuan l’ora (35 centesimi di euro). Gli mostra un contratto dove il “datore di lavoro” si impegna a farli lavorare per 300 ore al mese (10 ore al giorno senza feste) o a pagare comunque al “trafficante” un prezzo equivalente. Spiega che è possibile “farli lavorare quante ore si vuole, in qualsiasi lavoro anche faticoso” e si impegna a pensare lui ai bambini in caso di malattie o infortuni “dietro un ragionevole compenso”.

Il “fenomeno” è diffuso: un dirigente dell’ufficio di collocamento locale dice al reporter che questi bambini costano tra 2,5 e 3,8 yuan l’ora, non chiedono benefici e lavorano con diligenza, per cui sono molto apprezzati dalle fabbriche di Shipai che ne impiegano almeno 6-700.

Il giornale indica fatti, luoghi, circostanze, manda i giornalisti anche nel Liangshan dove entrano in contatto con le persone che convincono le famiglie ad affidar loro i figli per un buon lavoro. Questi assicurano che i bambini sono destinati a ditte serie, “a Dongguan, Shenzhen, Guangzhou, Huizhou, Jiangmen”. Una vera rete per il traffico di persone. Contattano varie agenzie di queste città che offrono “lavoratori temporanei” e chiedono lavoratori bambini del Liangshan: gli rispondono che “se si vuole sceglierli di persona, si deve andare a Dongguan. Sono tutti lì”.

A qualcuno il reporter chiede come evitano i controlli ispettivi. “E’ facile” – è la risposta – li rendiamo tutti maggiori di 18 anni”, con documenti falsi.

Ci sono state immediate indagini e il vicesindaco di Dongguan, Li Xiaomei, ha detto che in un blitz di due giorni sono state controllate oltre 3.600 ditte con 450mila operai, senza trovare nulla. Peccato che il Southern Metropolitan Daily ha riportato fonti di polizia che parlano di 167 bambini rapiti del Sichuan liberati durante questi controlli. Mentre un altro funzionario pubblico racconta che un gruppo di 20 funzionari è venuto dal Liangshan a Dongguan per aiutare il rimpatrio dei bambini.