Papa: come mons. Rahho, i cristiani iracheni continuino a cercare di costruire la pace
Benedetto XVI ha celebrato questa mattina una messa di suffragio per il vescovo ucciso a Mosul. “Possa il suo esempio sostenere tutti gli iracheni di buona volontà, cristiani e musulmani, a costruire una convivenza pacifica, fondata sulla fratellanza umana e sul rispetto reciproco”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – I cristiani iracheni sappiano seguire l’esempio di mons Paul Rahho e “perseverare nell’impegno della costruzione di una società pacifica e solidale sulla via del progresso e della pace” e possano essi, insieme con i musulmani creare una convivenza fondata “sulla fratellanza ed il rispetto”. Il vescovo ucciso a Mosul è stato anche oggi nel pensiero di Benedetto XVI che, questa mattina, ha celebrato per lui la messa nella cappella “Redemptoris Mater”.
 
Se ieri all’Angelus il Papa si era rivolto agli iracheni tutti per ripetere il suo “basta con le stragi, basta con le violenze, basta con l’odio in Iraq”, oggi il suo pensiero è andato più particolarmente alla comunità caldea, così duramente provata, ed all’insegnamento del vescovo ucciso. “Il contesto liturgico in cui ci troviamo – ha osservato - è il più eloquente possibile: sono i giorni in cui riviviamo gli ultimi momenti della vita terrena di Gesù: ore drammatiche, cariche di amore e di timore, specialmente nell’animo dei discepoli. Ore in cui si fece netto il contrasto tra la verità e la menzogna, tra la mitezza e la rettitudine di Cristo e la violenza e l’inganno dei suoi nemici”.
 
Volgendo poi il pensiero espressamente al vescovo ucciso, “penso – ha detto - al sacro Crisma, che unse la fronte di mons. Rahho nel momento del suo Battesimo e della sua Cresima; che gli unse le mani nel giorno dell’ordinazione sacerdotale, e poi ancora il capo e le mani quando fu consacrato vescovo. Ma penso anche alle tante ‘unzioni’ di affetto filiale, di amicizia spirituale, di devozione che i suoi fedeli riservavano alla sua persona, e che l’hanno accompagnato nelle ore terribili del rapimento e della dolorosa prigionia – dove giunse forse già ferito –, fino all’agonia e alla morte. Fino a quella indegna sepoltura, dove poi sono state ritrovate le sue spoglie mortali. Ma quelle unzioni, sacramentali e spirituali, erano pegno di risurrezione, pegno della vita vera e piena che il Signore Gesù è venuto a donarci!”.
 
“Mons. Rahho – ha proseguito - ha preso la sua croce e ha seguito il Signore Gesù, e così ha contribuito a portare il diritto nel suo martoriato Paese e nel mondo intero, rendendo testimonianza alla verità. Egli è stato un uomo di pace e di dialogo. So che egli aveva una predilezione particolare per i poveri e i portatori di handicap, per la cui assistenza fisica e psichica aveva dato vita ad una speciale associazione, denominata Gioia e Carità ("Farah wa Mahabba"), alla quale aveva affidato il compito di valorizzare tali persone e di sostenerne le famiglie, molte delle quali avevano imparato da lui a non nascondere tali congiunti e a vedere Cristo in essi. Possa il suo esempio sostenere tutti gli iracheni di buona volontà, cristiani e musulmani, a costruire una convivenza pacifica, fondata sulla fratellanza umana e sul rispetto reciproco”.
 
“In questi giorni – ha aggiunto il Papa - in profonda unione con la Comunità caldea in Iraq e all’estero, abbiamo pianto la sua morte, e il modo disumano in cui ha dovuto concludere la sua vita terrena. Ma oggi, in questa Eucaristia che offriamo per la sua anima consacrata, vogliamo rendere grazie a Dio per tutto il bene che ha compiuto in lui e per mezzo di lui. E vogliamo al tempo stesso sperare che, dal Cielo, egli interceda presso il Signore per ottenere ai fedeli di quella Terra tanto provata il coraggio di continuare a lavorare per un futuro migliore. Come l’amato arcivescovo Paulos si spese senza riserve a servizio del suo popolo, così – ha concluso Benedetto XVI - i suoi cristiani sappiano perseverare nell’impegno della costruzione di una società pacifica e solidale sulla via del progresso e della pace”.