Si studiano i principi etici della cura del malato terminale
Un congresso internazionale affronterà il tema dell’accompagnamento delle persone morenti. Il no all’eutanasia ed il diritto di rifiutare l’accanimento terapeutico.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Chiarire con la maggior precisione possibile i limiti morali della terapia e del sostegno al malato terminale, che è in un momento “estremamente fragile della vita, aggravato spesso dalla solitudine, e più di frequente dalle sofferenze”. Tale momento però nella visione cristiana “è anche prezioso, perché quando si conclude la biografia fisica del soggetto si apre quella che la speranza cristiana illumina come la pienezza della vita che chiamiamo eterna”. Questo, nelle parole di mons. Elio Sgreccia, presidente della Pontificia accademia per la vita, l’obiettivo del congresso internazionale “Accanto al malato inguaribile e al morente: orientamenti etici ed operativi”, che si terrà il 25 e 26 febbraio in Vaticano.
 
Promosso in occasione della XIV assemblea generale della stessa Accademia, il congresso vuole “definire ulteriormente i termini del lecito e del non lecito nel percorso terapeutico” mentre in campo internazionale si registra “una forte pressione politica e mediatica per spingere verso il principio di autodeterminazione del paziente”. In proposito mons. Maurizio Calipari, teologo moralista e docente di bioetica all'Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, ha sostenuto che “le nuove e crescenti possibilità tecniche d'intervento medico, oltre che assicurare maggiori chances di vita e migliori condizioni di salute per molti, talvolta possono comportare per il paziente stesso un ulteriore aggravio della sua sofferenza personale, senza che vi sia, per contro, una reale prospettiva di beneficio”.
 
Si tratta, dunque, in concreto di affrontare i temi dell’eutanasia e dell’accanimento terapeutico, oltre a quelli dell’accompagnamento della persona e del testamento biologico. Argomento quest’ultimo di rilievo più politico che sanitario. E se dal punto di vista morale l’eutanasia è inaccettabile, nell’attuale sviluppo della medicina il problema è quello di rifiutare l’accanimento terapeutico, ossia un intervento “non proporzionato” al raggiungimento di determinati obiettivi per la conservazione della salute e il prolungamento della vita. In tale situazione, per mons. Calipari, il rifiuto è un diritto del paziente ed a volte può essere doveroso. La situazione è del tutto diversa da quella che mira a provocare la morte ed infatti la rinuncia all’accanimento terapeutico non è una forma di eutanasia.
 
Al congresso verrà presentato un documento che “vuole rappresentare un tentativo di risposta concreta a questi interrogativi, attraverso la proposta di un nuovo schema di dinamismo valutativo, in tre fasi, in grado di aiutare la prassi medica, sia dalla parte degli operatori sanitari che da quella del paziente, a prendere delle decisioni operative talvolta difficili e controverse, ma sempre orientate ad assicurare il bene integrale della persona sofferente e bisognosa di cura”.