Preghiamo in quanto vittime: il vescovo di Hanoi replica alle velate minacce del governo
di J.B. An Dang
Si acuisce la tensione per il problema dei beni illegalmente presi alla Chiesa. Alle autorità cittadine che lo hanno accusato di sfruttare la libertà di religione per sollevare proteste contro il governo, mons. Joseph Ngo ricostruisce gli abusi commessi e chiede di fare giustizia.
Hanoi (AsiaNews) - I cattolici pregano “perché sono vittime dello spirito partigiano” e sono “irritati” per il comportamento delle autorità che ignorano le loro giuste richieste ed appoggiano comportamenti “sbagliati”. Una lettera dell’arcivescovato di Hanoi spiega così alla vicepresidente del Comitato popolare della capitale, Ngô Thi Thanh Hang, i “motivi profondi” delle pacifiche manifestazioni che ormai da settimane vedono i cattolici riuniti per delle preghiere “di protesta”.
 
La lettera, del 14 gennaio, rappresenta il fatto più recente di un contrasto del quale le autorità sembrano cercare di acuire i toni e che ha per oggetto varie richieste di restituzione di terreni di parrocchie e seminari e della vecchia Delegazione apostolica, che i vescovi sostengono essere stati requisiti illegalmente. Essa giunge dopo che, l’11, numerosi vescovi hanno espresso solidarietà all’arcivescovo della capitale, Joseph Ngo Quang Kiet e che, lo stesso giorno, le autorità locali di Hanoi hanno pubblicato una dichiarazione nella quale accusano l’arcivescovo di “sfruttare la libertà di religione per sollevare proteste contro il governo”, “danneggiando i rapporti tra Vietnam e Vaticano”. Frasi minacciose, perché in passato il riferimento all’abuso della libertà religiosa è stato usato come una messa in guardia, un avvertimento della possibilità di repressioni.
 
In questo quadro, la risposta dell’arcivescovato ricostruisce e chiarisce. “Da molti anni”, vi si legge, da parte dell’arcivescovato e della Conferenza episcopale “è stata avanzata richiesta per ottenere la restituzione del terreno della Delegazione apostolica. Si tratta di una proprietà contestata e quindi nessuna delle due parti in causa ha il diritto di costruire o modificare lo stato dei luoghi prima che ci sia stato un giudizio ufficiale. Ora, quest’anno il complesso della Delegazione apostolica è stato costantemente violato, quando l’organismo che lo gestisce provvisoriamente ha fatto costruire un ristorante tonkinese di due piani. Se un qualunque ufficio ha autorizzato la costruzione, ha commesso un errore. Se non c’è l’autorizzazione, il fatto è ancora più grave”.
 
La lettera continua poi ricordando che a fronte della richiesta di non modificare lo stato dei luoghi, avanzata dall’arcivescovato di Hanoi il 4 dicembre 2007, sono stati tolti il tetto e il pavimento dell’edificio principale. Malgrado le nuove proteste, il cortile è stato trasformato in un parcheggio. Questo atteggiamento degli organismi governativi locali, “provocante e indifferente, ha suscitato una grande irritazione tra la popolazione. Questa è la ragione che ha spinto i laici a venire a pregare”. “L’errore è nel silenzio fazioso degli organi competenti che non hanno sostenuto i diritti del popolo e hanno lasciato fare coloro che li violano”.
 
“Analogo il caso della parrocchia di Thai Hà”. Da più di 10 anni i Redentoristi chiedono la restituzione del terreno che è il loro. “Ma ecco che all’inizio di quest’anno sono innalzate delle reti e funzionari della Sicurezza vengono a proteggere l’impresa Chiên Thang che comincia dei lavori di costruzione. Irritati, dei aici protestano. Il pomeriggio del 7 gennaio le autorità vengono per calmare la folla, promettendo di far cessare i lavori”. “Il giorno dopo i Comitato popolare di Hanoi emettte un documento ufficiale che autorizza l’impresa a continuare i lavori. La gente si indigna costatando che gli organi ufficiali non mantengono la parole, si prendono gioco dei loro sentimenti e proteggono coloro che violano la legge”. “E’ la ragione per la quale, non sapendo più a chi rivolgersi, i laici si sono dedicati alla preghiera”.
 
“Restare in silenzio di fronte alle violazioni compiute dall’organismo incaricato di gestire la Delegazione apostolica, proteggere sfrontatamente l’impresa Chiên Thang ed attribuire la responsabilità ai cattolici è dare prova di un estremo spirito partigiano”. “Il problema di fondo – conclude la lettera - è la giustizia. Non desideriamo altro che l’imparzialità del governo, perché la popolazione ritrovi la calma e viva in pace e felicemente”.