14/11/2006, 00.00
PAKISTAN
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Sangla Hill, le voci delle vittime ad un anno dalla tragedia

di Qaiser Felix

Nell'anniversario del  violento attacco ai cristiani del villaggio in Punjab, AsiaNews torna su quei luoghi e raccoglie le testimonianze delle vittime: la paura è ancora forte; l'uomo accusato di blasfemia e poi scagionato deve ancora nascondersi; la polizia non ha individuato i responsabili; case e chiese bruciate aspettano di essere ricostruite, nell'indolenza del governo e l'ambiguità di alcuni leader cristiani.

Sangla Hill (AsiaNews) – È passato un anno esatto dal violento attacco al villaggio cristiano di Sangla Hill, in Pakistan, ma la comunità aggredita ha ancora paura: le chiese non sono state ricostruite, le persone coinvolte ingiustamente in quei fatti sono costrette a nascondersi, mentre i veri colpevoli sono ancora a piede libero. Qualcosa di positivo da quella tragedia, però, è emerso: i cristiani di Sangla Hill sono più uniti e vogliono insieme superare quel trauma.

L'attacco e le indagini

Il 12 novembre 2005 una folla inferocita di circa  duemila persone ha prima saccheggiato e poi dato alle fiamme alcune proprietà cristiane nel villaggio di Sangla Hill, distretto di Nankana, in Punjab. Si trattava di tre chiese, un convento di suore, due scuole cattoliche, le abitazioni di un pastore protestante e di un parroco, un ostello per ragazze, un dispensario guidato da religiose e alcune case private. L'attacco è stato motivato dalla falsa voce che un cristiano locale aveva bruciato pagine del Corano, atto che in Pakistan viene punito secondo la legge anti-blasfemia con l'ergastolo.

La polizia ha arrestato 88 musulmani in relazione ai fatti, ma i cristiani ritengono che i veri responsabili siano ancora liberi. Chaudri Pervaiz Elahi, il Chief Minister del Punjab, la più alta carica a livello locale, ha ordinato un'inchiesta, i cui risultati non sono ancora stati resi pubblici. Il politico ha visitato Sangla Hill, promesso la ricostruzione delle proprietà cristiane distrutte dalle fiamme e garantito di consegnare i colpevoli alla giustizia.

Dopo poco tempo le due comunità della zona hanno raggiunto una tregua: i cristiani hanno perdonato i musulmani e il caso di blasfemia contro Yousaf  Masih, che aveva fatto scattare l'aggressione, è stato cancellato. Gli 88 detenuti sono poi stati rilasciati, come pure il cristiano. Alcuni abitanti, però, ritengono che l'accordo sia solo il risultato delle forti pressioni esercitate sui cristiani da parte delle organizzazioni musulmane e dell'amministrazione.

Sangla Hill un anno dopo: cattolici e presbiteriani

AsiaNews è tornata a Sangla Hill un anno dopo il violento attacco al villaggio e ha raccolto le testimonianze degli abitanti. Zulfiqar Hammayoon, 36 anni, è il fratello minore di Yousaf Masih, il presunto blasfemo. Racconta che suo fratello ora vive nascosto in una località segreta per timore di rappresaglie da parte dei veri colpevoli, ancora non individuati dalla polizia. "Yousaf – dice il parente – non può lavorare, ma con l'aiuto della Commissione nazionale Giustizia e Pace i suoi  quattro figli studiano in una scuola cristiana. Ogni tanto lo andiamo a visitare e cerchiamo di sostenerlo finanziariamente". "Vorrebbe tornare a Sangla Hill – aggiunge il fratello – ma per il momento non è possibile". Egli ha poi concluso con un appello per la cancellazione della legge sulla blasfemia in Pakistan.

Padre Joseph Shahzad, parroco di Sangla Hill dal maggio scorso, riferisce che sebbene la situazione ora sia sotto controllo, la comunità ha ancora paura. "Ho cominciato a visitare le famiglie del villaggio – racconta – per cercare di infondere in loro il coraggio di uscire dall'insicurezza in cui vivono e ritengo che gli abitanti si sentano ora più che mai uniti e vicini a Dio".

Le riparazioni alla chiesa danneggiata procedono, però, a rilento: al momento sono completate al 90 per cento, ma negli ultimi due mesi le imprese appaltatrici incaricate dal governo hanno interrotto i lavori.

P. Shahzad spiega che la perdita più grande riguarda i circa 100 anni di documenti andati persi nel rogo e che non possono essere recuperati: certificati di matrimonio e battesimo, sono solo alcuni esempi. La Chiesa locale ha deciso di ricordare l'anniversario dell'attacco solo con la preghiera, senza manifestazioni o proteste.

La Chiesa presbiteriana di Sangla Hill, invece, ha scelto di celebrare un servizio il 12 novembre durante il quale i fedeli hanno indossato una fascia nera intorno al braccio in segno di protesta. Fuori dalla chiesa hanno poi affisso cartelli che chiedevano al Chief Minister di mantenere le promesse di ricostruire l'edificio religioso e la casa del pastore, completamente distrutte un anno fa.

Più volte, riferiscono fonti locali, i rappresentanti della comunità presbiteriana hanno ricordato alle autorità i loro doveri, ma gli appelli ad intervenire sono rimasti vani.

La Chiesa presbiteriana critica la scelta dei cattolici di non alzare la voce contro il governo, facendo così il gioco dei politici e delle organizzazioni musulmane. Il pastore Tajmal punta il dito contro la All Pakistan Minorities Alliance, che all'epoca aveva promesso aiuti, ma che finora non si è mossa, "nonostante abbia ricevuto miglia di dollari dall'estero". Ma le accuse non risparmiano neppure gli stessi presbiteriani: "Il nostro moderatore James Arthur ha raccolto molte donazioni, ma non ha speso un centesimo per la ricostruzione e non sappiamo dove sia finito il denaro".

Alcuni intervistati tengono, comunque, a sottolineare un fatto positivo e che "fa ben sperare": in occasione delle accese polemiche per le caricature di Maometto e più di recente per il discorso del Papa a Regensburg, i musulmani della zona non hanno indetto nessuna manifestazione o perpetrato violenze a danno dei cristiani.

 

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